09 aprile 2020

StorieLLe - Territorio di Caccia




Guido assomigliava al tipo-della-fumetteria dei Simpsons. Ma, non essendo fan dei Simpsons, e non volendo essere accomunato a un personaggio di cui nessuno ricorda il nome, decise di cambiare look: via il codino, capelli rasati (i pochi che rimanevano), pizzetto in stile Robert Downey Jr, e soprattutto dieta e movimento fisico. Anche se la strada verso il peso forma era ancora lunga, la gioia di veder scendere la bilancia sotto ai 100kg è stata seconda solo al suo viaggio a Roswell, New Messico. Perché Ivan, come il suo alter ego Jeff Albertson (appunto il fumettaro dei Simpson), aveva in comune la passione per i documenti segreti, i filmati proibiti e tutti i complotti che “non ce lo vogliono fare sapere ma noi siamo più furbi e lo sappiamo!”. Aveva anche aperto un blog, tanti anni fa, in cui raccoglieva ed esponeva materiale a sostegno delle sue tesi. Dopo un avvio in sordina, con l’avvento dei nuovi social e l’apertura di un canale You Tube, era piano piano diventato una specie di influencer in quell’ambito. Purtroppo rimanere sulla cresta comportava costanti aggiornamenti e notizie sempre più forti. E ultimamente i collegamenti erano in calo.
Quando il suo vecchio conoscente Mario (perché di amici veri e propri non è che ne avesse tanti) si era rifatto vivo chiedendogli se potesse interessarlo vedere una creatura che tutti dicono essere frutto di fantasia e invece esiste davvero, lui inizialmente era diffidente, anche perché il sovrannaturale non era il suo campo.
“Dai, fratello” aveva insistito “Vedrai che dopo potrai scrivere quei messaggi tipo loro-non-ce-lo-dicono-condividi-se-sei-indignato e mettere tutti quei punti esclamativi e quegli uno che vi piacciono tanto”.
Ivan lo guardò di traverso.
“Vuoi tirare sul prezzo? È questo il problema? Mi dai dieci euro subito, gli altri se sei soddisfatto. Se non sei soddisfatto ti ridò indietro i soldi e ti pago pure io. Ma siccome sarai soddisfatto, mi vorrai dare anche la mancia”.
Fu così che alle 22.48 di un giovedì sera qualsiasi, si trovava nel freddo dell’inverno padano ad aspettare il suo amico, che continuava a whattsappargli “tra cinque minuti arrivo” da tipo tre quarti d’ora. Tra uno sbuffo e un battito di denti per il freddo, rimpianse di aver smesso di fumare: avrebbe avuto qualcosa da fare nell’attesa, almeno. Invece stava lì a guardarsi intorno. Non voleva farsi notare e aveva il sospetto di essere stato seguito. Ogni rumore, ogni fruscio, ogni voce sentita anche in lontananza, lo innervosiva.
Alla fine Mario si fece vivo, insieme ad una terza persona.
“Ciao, capo. Mi chiamo Trap Joel”
Guido lo guardò di sbieco.
“Perché mischio nelle mie canzoni il disagio giovanile della musica trap con le melodie di Billy Joel”.
“Pensavo ti riferissi a quello dei Masters Of The Universe” commentò Guido piccato. 
“Infatti da piccolo portava l’apparecchio per i denti” disse ridendo Mario.
“Ci muoviamo per favore?” incitò Guido spazientito.
Entrati nel palazzo dal portone principale, scesero le scale verso le cantine. Mario illuminò con il cellulare un atrio un po’ angusto e freddo, su cui davano alcune porte di legno dotate di finestrella con sbarre. Trap Joel indicò l’unica chiusa con un lucchetto e con la finestra tappata con un rettangolo di compensato.
Ridacchiando tirò fuori le chiavi, aprì il lucchetto e spalancò l’uscio facendo cenno a Guido di entrare.
“L’interruttore è sulla sinistra”
Appena accese la luce, a Guido apparve, incatenata a un tavolo, una donna pallida e longilinea il cui volto era coperto da un sacco di telo. La prigioniera iniziò ad agitarsi, cercando di liberarsi inutilmente dalle catene che avvolgevano in più punti braccia gambe e corpo.
 “E’ una presa per il culo?” chiese Ivan incazzato.
 Trap Joel rise ancora di più e si fece avanti. Sfilò il cappuccio alla donna, che iniziò a soffiare e sibilare mostrando occhi feroci e dei canini affilatissimi.
“Visto Guido?” chiese Mario. “Stupito o no? Caccia la grana”.
Guido restò ancora un po’ scettico. Si volle avvicinare alla donna per vederla meglio in volto. Gli occhi leggermente a mandorla, le labbra rosse sulla pelle pallida e i lineamenti del viso tirati. Denti bianchissimi da cui spuntavano canini enormi. Intanto lei continuava a dimenarsi con tutta la forza che aveva.
“Vorreste farmi credere che questa donna è…”
“Già, una fottutissima vampira!”
I casi potevano essere;
- i due tizi e la ragazza erano complici nel tentativo di spillargli soldi.
- I due tizi avevano rapito la ragazza e l’avevano drogata e la esibivano come una specie di freak
- Era davvero una vampira.
Nel dubbio provò ad afferrarle la testa per poter praticare una sorta di esame odontoiatrico. Ma appena avvicinò le mani, la donna provò a morderlo. Per un soffio, riuscì a evitare le sue mandibole.
Gli altri due scoppiarono a ridere.
Guido tirò fuori il cellulare e provò a fotografare la donna. La sua immagine non appariva sullo schermo.
Le mani iniziarono a tremargli. 
“Ma è… Ma è… una cosa strepitosa!”
Si immaginava già i milioni di contatti, le interviste, i libri… certo la cosa andava gestita.
“Voglio che mi aiutiate a…”
Si girò e vide il corpo di Trap Joel per terra, in una pozza di sangue con la gola aperta. Gli cadde il cellulare di mano. Lo lasciò lì e cercò di uscire di corsa dalla stanza, ma appena dopo la soglia vide il cadavere di Mario che veniva sbranato da un gigantesco lupo dal pelo marrone. Impaurito cercò di allontanarsi a passo leggero, ma proprio in quel momento l’animale si sollevò sulle zampe posteriori e con quelle che sembravano mani deformi lo afferrò per la gola, ringhiando. Lo trasportò di peso verso la donna incatenata, che era quasi riuscita a liberare il braccio sinistro, fratturandoselo. Il grosso lupo dalle fattezze semiumane appoggiò la gola del ragazzo sulla bocca della prigioniera, che con i suoi lunghi denti la morse e ne tracannò il sangue che colò direttamente in gola, godendosi la bevuta. 
Finalmente soddisfatta, sul volto della donna si dipinse un’espressione di sollievo. La creatura l’aiutò a spezzare le catene e lei poté, con una smorfia, sistemare la frattura, e in pochi istanti si risanò. Anche il suo viso si fece più colorito e i lineamenti più distesi. Diede un grattino al licantropo che l’aveva salvata e scese dal tavolo. Nel frattempo quello aveva ripreso forma umana e la fissava severo.
“Cosa c’è? Non penserai che ora mi debba sdebitare con te in quale maniera?” chiese lei indicando le parti intime dell’uomo, che indossava solo un paio di jeans strappati. “È vero, mi hai liberata e offerto da bere, ma io non sono obbligata a fare niente con te”
“Sì, mi sei debitrice, e farai questo per sdebitarti: questa è la mia città, il mio terreno di caccia. Te ne andrai da qui per sempre per non tornare mai più”.
 “Va bene” disse lei con indifferenza, mentre si risistemava i vestiti.
Uscì dalla stanza passando di fianco all’uomo.
“Io sono Maryan, ad ogni modo” disse.
Lui non rispose.
“Va bene, un uomo di poche parole. Almeno mi indichi l’uscita? È notte o giorno?”
L’uomo si ritrasformò in licantropo e le fece strada.
Lei scosse le spalle e lo seguì.











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