16 novembre 2013

TtA #28 - gli insoliti casi di Fratello Nicodemo #3

 
QUI l'1 e il 2
 
 
3: IL DEMONE NELLA BOTTIGLIA.


povero Bert!


 
Il proprietario del bar, Adam, cambiò il barilotto della birra e ne spillò un litro dentro all’apposito boccale che porse al frate appena incontrato.
«Offro io, ovviamente» disse Adam.
«Oh, no, guardi, non mi è permesso accettare, mi dispiace ma proprio non posso».
Estrasse dalla manica del saio il portafoglio e tirò fuori una banconota da dieci.
«Bastano?» chiese ad Adam.
«Certo, anzi le devo pure dare il resto».
«Oh, lo tenga come mancia ai camerieri».
Mentre i due parlavano, entrò un uomo sulla quarantina, con un completo grigio che un tempo doveva essere stato elegante, ma che ora era trasandato come il suo indossatore: capelli sporchi, barba sfatta, andatura caracollante.
«Adam, il solito» disse sedendosi di fianco a Nicodemo. Dal modo in cui strascicava le parole, si capiva che era già brillo.
«Bert, non posso…» balbettò Adam, guardando Nicodemo.
«Cosa dici non puoi» rispose Bert, «Voglio il mio solito whisky doppio».
«Bert, dai, stai messo male… non posso darti ancora da bere» ribatté l’altro.
«Che problema c’è, fratello?» si intromise Nicodemo rivolto ad Bert.
«Il prete sta bevendo un litrozzo» insistette questi con il barista, «Un litrozzo di birra al pretino e a me nulla» alzò la voce Bert.
Nicodemo lo squadrò, poi disse , rivolto ad Adam:
«Gli offro io da bere. E se sta male lo porto a casa io. Allora, amico, cosa vuoi scolarti?».
Bert guardò storto Nicodemo, poi disse al barista:
«Molla qua la bottiglia di whisky. Anzi no, ne vogliamo una intera nuova. Una intera nuova per me e il mio amico».
Adam sospirò e porse la bottiglia con due bicchieri ai clienti.
«Io prima finisco la birra, ovviamente» disse Nicodemo.
«Bravo il pretino, che sopporta l’alcool» disse Bert, «Non come la mia ex moglie che non sopportava me e se n’è andata con un avvocato… che le sta pagando la causa di divorzio… e mi sta spennando e io faccio un sacco di straordinari al lavoro, per stare a pari con i soldi… e quando esco avrò diritto a bermi quello che mi va?».
Nicodemo lo guardò sorridendo.
«E il mio capo non vuole» riprese Bert, «Perché dice che se torno a casa ubriaco il giorno dopo non rendo… e ho dimenticato solo tre volte di puntare la sveglia e sono arrivato tardi al lavoro… tre volte in due settimane… in dieci giorni, va bene… ma ti sembra un motivo per… per…»
L’uomo guardò in alto, fece roteare la testa, e si accasciò sul bancone.
«È cotto» disse Nicodemo ad Adam, che però restava immobile.
Si guardò intorno, e notò che tutti quanti stavano fermi, il fumo ristagnava nell’aria e le bollicine della sua birra stavano ferme a metà bicchiere. Anche le lancette dell‘orologio non si muovevano più.
«Mi pare evidente che ci sia qualcosa di strano» disse a voce alta, come se stesse provocando qualcuno per avere una risposta.
«E bravo il pretino» rispose Bert, improvvisamente destatosi, con una voce che non era sua. «Stai esagerando, devi starci lontano».
Poi Bert si riaccasciò, e tutto cominciò a muoversi come prima.
Nicodemo sospirò.
«Lo porto a casa io» disse ad Adam.
«Lei? In taxi?»
«Lei chi? Io lo porto a casa. In moto. Ho un sidecar».
«Ok, come vuole. L’aiuto a portarlo fuori?».
Nicodemo fece cenno di no con la testa e tirò un calcio a Bert che si destò di colpo.
«Vai in bagno, sciacquati il viso, poi ti porto a casa».
Questi lo guardò, inebetito. Fece cenno di assenso con il capo, e si alzò diretto verso la toilette.
«La bottiglia ce la portiamo via» disse Nicodemo lasciando un cinquantone ad Adam. «E per favore» proseguì, «Non fare più la sceneggiata del barista coscienzioso solo perché ci sono io. Tu i tuoi clienti li sfondi di alcool e te ne freghi se stanno male».
Adam non replicò: si chiese solo come potesse qual frate, sapere la verità che aveva cercato di celare.
Bert tornò. Nicodemo lo prese per un braccio mentre con la mano libera reggeva la bottiglia.
Lo accompagnò alla moto, tirò fuori dal portaoggetti due caschi, si mise il suo e porse l’altro ad Bert, che lo guardò come fosse un oggetto sconosciuto.
«Uhm, magari per stavolta non lo metti, eh? Non vorrei che ci vomitassi dentro. Sarebbe una storia divertente da raccontare tra qualche anno agli amici, ma imbarazzante sul momento. Ok?».
Bert annuì.
«Reggi la bottiglia. Non romperla, perderla o lanciarla per strada. E non aprirla per bere. E non romperla, mi raccomando. Dove ti porto?».
«Abito al motel Palissandro» disse con tono meno ebete di prima. L’aria fresca della sera doveva averlo almeno un po’ risvegliato.
«Il glorioso motel Palissandro. Dove va chi deve vedere l’amante, chi non ha un posto dove stare con la fidanzata, chi non ha una casa propria, come me…».
«Sì sì va bene» gli disse Nicodemo per interromperlo, «Metti il casco e partiamo».
I suoi guai li aveva già sentiti, non aveva voglia di sciropparsi un altro pippone.

Lo accompagnò a destinazione, e rimase ad osservarlo mentre entrava nell’edificio dopo essersi fatto riconsegnare la bottiglia. Poi si diresse sempre in moto verso un parco intravisto durante il viaggio. Il posto era desolato. Vi entrò con il veicolo, nonostante sapesse che non si poteva. Si fermò in uno spiazzo nascosto alla vista di possibili passanti, e tirò fuori la famigerata bottiglia che aveva adagiato sul fondo del sidecar.
«Il casco che uso io di solito è aperto», disse parlando tra sé, «Avrei potuto offrirlo a Bert, al posto di quello chiuso che tengo per i passeggeri. Che sciocco sono stato».
«Ma allora non sarebbe stato più il tuo casco» disse una voce simile a quella udita al bar.
«Oh, rieccoti» rispose Nicodemo rivolto alla bottiglia, mentre la riponeva su una panchina lì vicina.
«Se presti una cosa a cui tieni a qualcuno» riprese la voce, «Poi è come se fosse meno tua».
«È per questo che volevi che non ti “rubassi” Bert?».
«L’ho puntato da un bel po’. Non me lo soffi sotto al naso».
«Come funziona la cosa dei “demoni nella bottiglia“? Entrate in una bottiglia a caso e chi vi becca peggio per lui, o cercate i disperati e li tormentate ulteriormente passando di bottiglia in bottiglia?».
«Semplicemente offriamo sollievo alle pene di chi ha bisogno» rispose l’altro con tono seccato.
«Per poi peggiorare la situazione? Come società di servizi fate parecchio schifo».
«Sono gli uomini gli unici artefici del loro destino. Il libero arbitrio e bla bla bla».
«E voi fate i castigamatti?».
«Mi piace come definizione. Potremmo dire così».
«Però poi io castigo voi».
«Appunto: hai recepito il messaggio che ti ho dato al bar? Stai infastidendo il mio boss. Potresti cortesemente rompere le palle a qualcun altro? Ci sono tanti demoni all‘inferno».
«Quindi potrei lasciare in pace il tuo capo e occuparmi di qualcun altro? Qualcun altro, per esempio, che gli mette i bastoni tra le ruote nella grande scalata sociale alle gerarchie degli inferi?».
«Sì, non sarebbe male».
«E secondo te lo farei così a gratis?».
«Ciccio, ci sono persone che si corrompono e persone che si minacciano. A quale categoria preferisci appartenere?».
«E dovrei sentirmi minacciato da un trucchetto di possessione e stasi temporale come quello del bar?».
«Sì forse ti ho sottovalutato».
Nicodemo scosse il capo, estrasse dalla manica l‘aspersorium, ma lo trovò vuoto. Si avviò a una fontanella lì vicino e lo riempì.
«Che fai?» chiese il demone.
«Niente, niente, stai tranquillo dentro la tua bottiglia».
«Che diavolo stai facendo?» urlò terrorizzato il demone.
«Faccio quello che va fatto».
Nicodemo recitò la formula per benedire l’acqua, scosse un po’ l’aspersorium e si avvicinò alla bottiglia.
«Se la shakero un po’, viene benedetta meglio».
«Fermo, non puoi, lo sai che se stappi la bottiglia…».
«Ti sei manifestato dentro a Bert, poi sei tornato nella bottiglia. Ora farò in modo che tu non esca più di lì».
Velocemente, Nicodemo stappò la bottiglia e vi versò dentro l’acqua benedetta contenuta nell’aspersorio. Il demone lanciò un urlo che stordì il frate, che cadde all’indietro. Vide la bottiglia tremare, il suo interno diventare luminoso, e fare schiuma marrone che con un rombo schizzò verso l’alto per poi ricadere verso terra e bagnare un’area del diametro di una decina di metri, inzuppando pure lui stesso.
«Meglio delle Mentos nella Coca Cola» disse.
Si rialzò lentamente e non senza smorfie di dolore. Prese la bottiglia, e la ruppe per terra.
«Non credo che sia saggio farti riciclare».
Poi si infilò il casco e accese la moto.
«Doccia, nanna…e domani mattina lavare moto e saio. Diamine».



 

 

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