00
Tiziano aveva sentito spesso parlare, già da piccolo, del cugino Leandro. Un cugino del padre che aveva l’abitudine di viaggiare per il mondo, indistintamente, sia verso le mete turistiche più famose che verso luoghi mai sentiti e che di attrattivo non avevano assolutamente nulla.
Tale parlare del cugino era spesso accompagnato da quella reticenza tipica di quando non si vuole approfondire un argomento fastidioso.
Tiziano l’aveva incontrato in qualche rara occasione, da piccolo. Si era sempre chiesto, affascinato, perché viaggiasse così tanto, se fosse per lavoro e quale lavoro facesse. E soprattutto quale fosse il suo segreto.
Di recente il cugino Leandro era morto, per un’embolia, durante la notte, a casa propria. A scoprirlo furono i suoi vicini di casa (viveva in un appartamento fuori città) che chiamarono i Carabinieri. Questi, constatato il decesso rintracciarono ed avvisarono i parenti (il padre di Tiziano e altri tre cugini che nemmeno si conoscevano tra di loro) che iniziarono a procedere alla liquidazione del patrimonio.
Leandro non aveva redatto alcun testamento, così fare l’inventario di tutti i suoi averi fu un lavoro arduo. Fu una gran sorpresa quando si scoprì possedere un seminterrato in un palazzo in città, un vecchio laboratorio riadattato ad appartamento. Tiziano lo visitò insieme al padre per decidere se avesse potuto essergli utile come appoggio per il lavoro (dormire lì durante la settimana per risparmiarsi il viaggio sui mezzi pubblici) e per le nottate in città.
Questo monolocale conteneva un divano letto, mobili da soggiorno, un piccolo bagno e una biblioteca rifornita di libri di vario genere. Ma la cosa che più lo incuriosì fu un baule, tipo quello che si vedeva nei film dei pirati, che costudiva, ripiegata con cura al suo interno, una pelle di lupo.
01
Tiziano ammirava con piacere il suo nuovo monolocale. Il tavolo e le quattro siede erano solidi, in bagno la lavatrice in buono stato. Per la cucina il servizio di vettovaglie non era eccezionale, ma ancora utilizzabile. La lavastoviglie andava cambiata, faceva un rumore sinistro e dava l’idea di poter cedere allagando tutto da un momento all’altro, ma per questo c’era tempo. I mobili della stanza principale sembravano come nuovi: il divano letto era comodissimo, tavolo e sedie in ottimo stato e la libreria conteneva un sacco di libri dai temi più disparati, con una preferenza verso lo storico e l’esoterico. Non sapeva quando potessero essere presi sul serio certi titoli, ma avrebbe avuto tempo per leggerli, prima o poi. Quella sera sarebbero venuti i suoi tre “compagni di avventure”, con cui condivideva la passione per i giochi in scatola. L’ultima fissazione che era venuta loro era Zombicide, un gioco in cui sei avventurieri fantasy dovevano salvare un villaggio da un’invasione zombie. Proprio creare un’atmosfera più cupa, aveva disteso, seppur conscio non essere propriamente a tema, la pelle di lupo per terra, al centro della stanza, come tappeto. Certo, vedere quel pelo lucido e splendido e quel testone minaccioso era un po’ in quietante. Ma volete mettere la scena che faceva?
Il primo ospite ad arrivare fu Martino.
“Bella tana ti sei fatto” gli disse.
“Non c’è voluto nemmeno molto tempo, era quasi tutto a posto”.
“ma il tuo parente viveva qui?”
“abitava fuori città. Cosa gli servisse questo appartamento, non lo sappiamo. È morto senza fare testamento, e i parenti più prossimi si sono spartiti i suoi beni. Io ho deciso di prendere questo monolocale per essere più comodo per i miei spostamenti in città o per quando faccio tardi la sera per il lavoro”.
“e per giocare con noi”, aggiunse Martino ridendo.
Tiziano rise, poi fissò la pelle di lupo.
“Quello crediamo l’abbia ammazzato a mani nude”
I due risero ancora.
“sembra nuova. Da dove arriva?”
“anche questo è un mistero. Ero in dubbio se appenderla alla parete. A tenerla per terra ho paura si rovini”.
“al lavoro, invece?” cambiò discorso Martino.
“oh, guarda, altra giornata storica. Hai presente la collega stronza di cui parlo sempre?”
“la famosa Annabella?”
“già. Oggi mi manda una mail dicendo di controllare un conto che è andato a costo. Io guardo, e vedo che l’ho usato durante una registrazione, ieri. Ed era ancora coperto. Oggi è andato a costo dopo che ci ha registrato sopra lei”.
“e non doveva controllare lei, allora?”
“quando gli importi li mando a costo io, lo faccio. Lei no, troppo signora per farlo. E allora ha girato tutto a me. Ovviamente io le ho risposto che non spettava a me, lei ha iniziato a urlare, e il capo si è incazzato con me”
“quando mai!”
“allora gli ho detto che mi sembra assurdo che una collega che lavora in azienda dal doppio del tempo che ci lavoro io, non sappia fare certe cose e scarichi tutto agli altri. Insomma, è venuto fuori che sono dieci anni esatti che lavora lì… e l’altra collega, Serena, le ha organizzato una festa a sorpresa”
“ma davvero?”
“davvero. Adesso sono là a festeggiare”
“e tu non sei andato?”
“a festeggiare quella cagna? Ma non mi passa neanche per l’anticamera del cervello. Ovviamente domani mi diranno tutti che sono un musone e ‘ste menate qua”
“le hanno fatto pure il regalo?”
“yeah”
“e ti hanno chiesto di partecipare?”
“yeah”
“ma tu hai rifiutato?”
“e certo”
“incredibile. Certa gente, più è stronza, più ci vanno dietro”.
Improvvisamente il citofono suonò.
“sono arrivati gli altri due. Ordiniamo le pizze?”.
03
La città avvolta in sottile strato di nebbia
L’umidità scorre sulla pelle
Un odore che già sentito,
una voce che famigliare
muscoli che flettono
urla
un rumore da lontano
luci abbaglianti
uno scontro
scappi
sarà per un’altra volta
04
La sveglia suonò impudente. La giornata doveva iniziare e non ammetteva deroghe. Tiziano si risvegliò nella luce filtrata dalla finestra smerigliata che dava sul marciapiede. Ci mise un po’ a capire dove si trovasse. Le miniature del gioco sul tavolo, le bottiglie di birra e i bicchieri, le carte delle patatine. Era nella “tana”, come il suo gruppo di gioco aveva ufficialmente ribattezzato il monolocale.
Si alzò dal divano letto, con i muscoli indolenziti e un dolore tra fianco e femore. Il mal di testa per aver bevuto troppo ci poteva stare, anche il sentirsi intontito per il poco sonno, ma perché dolori muscolari? E quell’indolenzimento al fianco? I piedi nudi calpestarono la pelle di lupo per terra.
“dovrei darti un nome” le disse con voce impastata. Si avviò verso il bagno, e poi in cucina, dove accese la luce. Questa illuminò la pelle, e Tiziano poté notare che era spostata leggermente più avanti rispetto alla sera prima. E sembrava essere leggermente rovinata in alcuni punti.
Scrollò le spalle e preparò la colazione.
L’arrivo al lavoro fu semplice, quel mattino. Due fermate di metropolitana ed eccolo a passare il badge alla timbratrice, per far iniziare il conto alla rovescia per tornare a casa. Ma prima un passaggio d’obbligo alla macchinetta del caffè, in sala mensa. Serena e Marta stavano chiacchierando della festa della sera precedente. A quanto pare Annabella aveva rimorchiato un tipo che però non le piaceva e l’aveva rimbalzato. Marta, spocchiosa come sempre, sosteneva che il tipo non fosse granché, Serena invece diceva che potesse essere anche carino.
Quella mattina Annabella si presentò al lavoro alle 10.00 passate. Aveva gli occhi arrossati e l’aria scossa.
“è stato terribile, un animale, una bestia enorme! E mi ha aggredita!”.
Il resto della mattinata passò nell’ascoltare l’aggressione che aveva subito fuori dal locale, da parte di un grosso animale, che sosteneva essere scappato da un canile, che l’avrebbe assalita se un’automobile non lo avesse investito al momento dell’aggressione. In zona, di canili, non ce n’erano affatto, era più probabile fosse un randagio. Tiziano avrebbe voluto farlo notare ma decise di stare zitto. Lasciò come sempre che tutta l’attenzione fosse attirata dalla collega che, nonostante non fosse in grado di presentarsi al lavoro nella condizione agitata in cui si trovava lo aveva fatto lo stesso per poter raccontare la sua disavventura, farsi dare una pacca sulla spalla da tutti e avere il suo consueto palcoscenico. Dopo un’ora e un quarto di inconsolabile piagnisteo, col permesso del capoufficio tornò a casa.
A quanto detto, il conducente dell’automobile che aveva investito “il cane” era proprio il tipo che al bar aveva ci aveva provato con Annabella. Rimbalzato e con la macchina gibollata. Sfigato.
05
Il venerdì sera successivo uscì insieme a Lucio, un amico che non vedeva più da qualche tempo. Lo aggiornò sugli eventi, dalla morte del cugino, all’utilizzo part-time della “tana”, fino alla biblioteca dei libri esoterici. Lucio era un esperto di queste cose. O per lo meno millantava di tenersi informato su tutta la cronaca e i casi che riguardavano sette sataniche, logge massoniche, praticanti di magia nera e così via, nonché di approfondire tutte queste notizie con fonti sue. Tiziano l’aveva sempre considerata una stramberie, e gli aveva posto la questione tra il serio e il faceto, anche, per farsi due risate.
“possiamo andarla a vedere?” chiese Lucio
“adesso?” rispose stupito Tiziano
“e certo, quando?”
I due erano seduti al tavolino di un locale, avevano appena ordinato. Tiziano aspettava il momento di bersi la sua birra del week end. Non sarebbe andato via senza averlo fatto. E non aveva nessuna voglia di andare alla “tana”. Stavano aspettando il resto della loro compagnia, e ospitarli tutti sarebbe stato impossibile perché troppo numerosi. Oltre al problema di spostarsi in città e trovare parcheggio… e poi cosa avrebbero fatto lì, tutta la sera? Lucio avrebbe sfogliato i libri, gli altri si sarebbero annoiati. Lui compreso.
“no, dai” gli rispose “troppo sbattimento. Facciamo un’altra volta”.
“eh, ma cos’hai da fare?”
Tiziano sporse in avanti il capo come se stesse per svelargli una grande verità:
“aspettare gli altri e uscire con il resto della compagnia, per esempio?”
Lucio fece per ribattere, ma giunse la cameriera con le ordinazioni: la birra artigianale del mese e nachos per Tiziano, una dozzinale birra industriale e patatine fritte per Lucio.
La discussione venne rimandata.
06
Il mercoledì sera successivo Tiziano e i “compagni di avventure” si erano trovati nella “tana” per una nuova serata di gioco. Mentre preparavano il tabellone, Ettore stava annunciando di essere interessato all’acquisto di un’espansione per il gioco.
“La prendo io, non c’è problema. Se a voi non piace, la uso con l’altro gruppo di gioco che frequento, cosa che farei comunque”.
“non è questione che ci piaccia o no” gli rispose Alessio “è che in questo momento non abbiamo ancora imparato bene le regole di quello cui abbiamo appena iniziato a giocare”.
“Allora Ettore può acquistarla, imparare ad usarla, e poi portarla da noi e spiegarci le regole” sentenziò Martino salomonicamente.
Tiziano stava per dire la sua, quando il citofonò suonò, lasciandolo sorpreso.
“Chi cazzo è?” gli scappò.
“magari ci hanno portato delle altre pizze” disse Martino divertito.
“è l’abominio! Non rispondere, altrimenti ci attacca!” ribatté Ettore.
“Sì?” chiese il padrone di casa alla cornetta del citofono. “È aperto” disse poi riagganciando.
“è Lucio, chi cazzo gli ha detto che siamo qui?” chiese rivolto a Martino, l’unico a conoscerlo degli altri tre. “Cacchio, sono stato io” aggiunse poi.
Insomma, invitato o no, Lucio era riuscito a entrare nella “tana” per sbirciare nella libreria esoterica.
L’invasore apparve dalla porta con l’aria tronfia di chi riesce sempre ad averla vinta. Con lui, sorpresa delle sorprese, c’era una ragazza. Carnagione pallida, capelli scuri raccolti in due ciuffi sulle tempie, vistosi piercing al naso e alle orecchie, canottiera nera con pizzo che lasciava trasparire qualche tatuaggio e jeans neri bucati su un ginocchio e sulle cosce. Si chiamava Silvana, ma voleva che tutti la chiamassero Vania.
“scusa se ti sono piombata in casa così senza preavviso” disse parlando velocemente e con tono altissimo “ma io sono un’appassionata di zombie e quando Lucy mi ha detto che giocavate a questo gioco dovevo assolutamente sapere come era fatto!”.
Tiziano constatò che almeno la ragazza era educata. Non come “Lucy” che si era già isolato a guardare i libri e ne stava già sfogliando uno senza chiedere permesso.
“e poi Lucy ha detto che non te la prendevi, eh? E che sarei stata la benvenuta, eh? Te la sei presa? Eh? Sono la benvenuta? Eh?”.
Tiziano le porse un bicchiere e una bottiglia di birra.
“Prego, accomodati. Stavamo giusto ripassando le regole”.
Sarebbe stata una serata lunga.
In realtà la serata passò molto velocemente. Vania si era dimostrata interessata al gioco e alla fine tutti avevano deciso di farla partecipare, facendole gestire uno dei personaggi femminili, la suora sanguinaria.
Lucio restò tutta la sera a leggiucchiare un libro dopo l’altro, scattando fotografie alle copertine e segnandosi titoli e autori. Al momento di andare a casa, chiese al padrone di casa se poteva portarsi via alcuni volumi. Tiziano gli rispose negativamente, ma solo per ripicca alla sua intrusione. In realtà di quei libri non sapeva che farsene.
Rimasto da solo, stava riordinando la casa prima di andare a dormire, quando il citofono suonò ancora. Era Vania che diceva di aver dimenticato una cosa.
“Hai visto un mazzo di chiavi?” chiese, una volta entrata, iniziando a frugare sulla libreria, sul divano, sul tavolino.
“no, non credo” rispose Tiziano accompagnandola nelle ricerche.
La ragazza guardò allora nella borsetta.
“oh, che scema, scusa! Erano qui” gli disse mostrandogliele.
“no, figurati, nessun problema” rispose Tiziano gentilmente.
“posso andare in bagno già che suono qui?” chiese lei.
Lui le indicò la porta.
Mentre lei usava i servizi, Tiziano continuò a risistemare la casa. Si interruppe quando sentì la porta aprirsi. Vania sporse la testa e gli chiese:
“ma allora, dormi qui?”
“sì, invece di tornare a casa passo qui la notte visto che lavoro nelle vicinanze e così rispariamo qualche ora di sonno”.
Non fece in tempo a finire la frase che la ragazza, uscita dal bagno nuda, lo aveva già avvinghiato con le braccia e ficcato la lingua in gola.
07
Uno spiffero di aria gelida distolse Tiziano dal suo sonno senza sogni. Scrutò intorno nella semioscurità, udendo solo dei suoni indistinti provenienti dall’esterno. Inebetito, pensò che la ragazza della sera prima avesse abbandonato la sua stanza. Riappoggiò la testa sul cuscino.
forse dovrei chiudere la porta a chiave” pensò, prima di cadere ancora in un sonno ancora più profondo di prima.
08
Mancava poco all’alba e quando la sveglia suonò, Tiziano si destò in una stanza illuminata dalla luce azzurrina proveniente dall’esterno. Alzatosi dal letto per muovere i primi passi verso il bagno, inciampò in qualcosa di liscio e solido sdraiato per terra. Era Vania, che stava coricata nuda sulla pelle di lupo distesa sul pavimento.
“Hey!” fu il commento della ragazza al tentativo di investimento, per poi ritornare a dormire beatamente.
“ma che caz…” si chiese Tiziano. Da quel poco che ricordava, era sicuro di averla sentita uscire dall’appartamento la notte precedente. Il veloce risveglio, il dubbio se chiudere o meno la porta, e la scelleratezza di non aver controllato che avesse rubato nulla. Se lo avesse fatto, di certo non sarebbe tornata a dormire lì…
“Rivestiti, devo andare a lavorare” le disse scuotendola su una spalla.
Lei mugugnò.
Tiziano entrò in bagno e trovò i vestiti della ragazza abbandonati sul lavandino. Li prelevò e li buttò in malo modo sul divano, per poi ritornare in bagno.
Quando finì di fare le sue cose e tornò dalla ragazza questa stava seduta sul pavimento, con aria assonnata, non ancora del tutto rivestita.
“muoviti” le disse Tiziano, innervosito.
“ho dormito malissimo” rispose la ragazza infilandosi le calze
“ne parliamo un’altra volta, va bene?”
“oh, sì, certo” disse lei alzandosi di scatto “non è che adesso perché lo abbiamo fatto una volta sono la tua ragazza e ti puoi permettere di farmi ramanzine e tutto il resto. Ieri notte non ha contato nulla”.
“perfetto, non posso essere più d’accordo” rispose lui, quasi indifferente. “ora, se non ti dispiace, finisci di rivestirti, così usciamo, chiudo l’appartamento e vado al lavoro”.
Lei rimase quasi sorpresa dalla reazione, e si guardò intorno.
“posso andare in bagno?”
“non è che perché lo abbiamo fatto una volta sono il tuo fidanzato e puoi fare la cacca a casa mia ogni volta che ti pare e tutto il resto” rispose lui, serio.
Ci fu un attimo di silenzio, poi Tiziano rise.
“Dai, muoviti, per favore”
Vania sbuffò e si diresse verso il bagno.
“comunque mi piacerebbe far parte del gruppo di gioco” urlò dal gabinetto.
“prima devo chiedere agli altri”.
09
“sai cos’è successo a Vania?” chiese Lucio, mentre sorseggiava uno Sbagliato al tavolino del bar dove erano soliti bere lui e Tiziano. O meglio: Tiziano beveva, Lucio in genere si ubriacava.
“cosa?” rispose l’altro, cercando di non mostrare troppo interesse. Non sapeva come avrebbe reagito l’amico se avesse saputo che avevano passato la notte insieme. Che poi, nelle sue intenzioni, non avrebbero passato più notti insieme, quindi perché parlargliene a riguardo?
“sembra che il suo amico che la rifornisce sia scomparso nel nulla”.
“la «rifornisce» di cosa, scusa?”
“come di cosa” disse Lucio sogghignando, “di erba… hashish, maria… se ne fa di tutte, quella”.
Tiziano strabuzzò gli occhi.
“comunque, dicevo” riprese Lucio “il giorno dopo che te l’ho presentata mi ha chiamato dicendo se l’accompagnavo a cercare erba perché il suo fornitore non le rispondeva e quindi doveva procurarsela altrove”
“vi siete visti?” chiese Tiziano sperando che lei non gli avesse raccontato della notte passata insieme
“no, perché nel pomeriggio… ricordi il cadavere ritrovato nel naviglio di cui hanno parlato i telegiornali? … era lui!”
“il cadavere… quello pieno di morsi e tagli?”
“sì, e allora Vania mi ha mandato un messaggio dicendo che si nascondeva per un po’”
“ma… di cosa aveva paura? Ha traffici loschi?”
“ma figurati, una così nemmeno la mandano sulla Paullese a fare p…”
“ho capito” lo interruppe Tiziano. “come l’hai conosciuta?”
“ci sentivamo al telefono per lavoro. Una sera colleghi reciproci hanno organizzato un aperitivo con e ci siamo conosciuti di persona. Poi lei ha lasciato il lavoro, perché una così, quanto può durare? E ogni tanto ci sentiamo ancora”
“ma vi fate?”
“in che senso? No, io non mi faccio più niente”.
“ma non in quel senso, intendevo dire se te la trombi”
“avevo capito. No, ci ho provato ma lei dice che con gli uomini ha chiuso”.
Tiziano fece spallucce e tirò un altro sorso di pale ale.
10
Le notizie di corpi ritrovati straziati in giro per la città erano ormai quotidiane. Annabella ne fu particolarmente provata perché identificava nel carnefice lo stesso animale che aveva aggredito lei meno di due settimane prima.
“è un animale feroce scappato da qualche zoo clandestino” disse preoccupata mentre ne parlavano in ufficio
“in città? Strano?”
“sì, ci sono malavitosi che collezionano animali esotici che ogni tanto fuggono dalle loro gabbie. Succede spesso”.
“ma succede in aperta campagna, non qui in città” ripeté un collega desideroso di farla ragionare.
“e poi ne fanno le spese i poveracci come noi!” insistette lei quasi piangendo.
“poveracci mica tanto” ribatté lo stesso collega, “per ora «l’animale» si è mangiato due spacciatori, una prostituta e un pappone”
“ma cosa credi, che quella bestia faccia distinzioni? Che cacci solo i cattivi e lasci stare i buoni? È pericolosissima, te lo dico io che ci sono passata”
Tiziano, dal canto suo, assisteva alla discussione mentre cercava di far quadrare alcuni conti che non corrispondevano ai calcoli fatti il giorno prima. Avrebbe voluto che «la bestia» si fosse mangiata davvero la collega, quando ne aveva avuto l’occasione. E comunque quella sera, mercoledì, si sarebbe dovuto vedere con i suoi amici nella “tana”. Il pensiero di passare la notte lì da solo un po’ lo inquietava. Ma del resto, era sicuramente meno pericoloso che tornare a casa di notte. Rimandare la serata? No, non era da “uomini veri”.
Finito il lavoro, Tiziano decise di compiere l’impresa eroica: attraversò con passo affrettato le poche centinaia di metri che separavano la sede del suo ufficio alla “tana”, per arrivarci sudato e col fiatone
“faccio in tempo a farmi una doccia prima che arrivino gli altri” si disse.
Giunto davanti alla porta, notò attraverso le finestre che la luce era accesa. Imprecò pensando di averla dimenticata accesa dall’ultima volta e girò le chiavi nella toppa. Una volta entrato, trovò Vania seduta sul divano
“ma che cazzo…”
“oh, ciao, sei arrivato. Non ti dispiace se mi sono stabilita qui, vero?”
“cosa diavolo ci fai qui? Come cazzo sei entrata? Ma come cazzo ti è saltato in mente di...?”
Lei abbozzò un broncio sul viso e gli si avvicinò porgendogli un bicchiere e una bottiglia di birra.
“ti ho pulito casa” gli disse, “ti ho fatto la spesa, e se vuoi ti lascio pure qualcosa per l’affitto”.
Lui la guardò sbigottito.
“mercoledì notte hanno ammazzato uno dei miei amici” gli spiegò, “e nei giorni successivi un altro”.
“le vittime della bestia, dici?”
“sì… due su tre erano amici miei. Proprio amici amici no, dai, conoscenti. Anche la ragazza. Mi stava un po’ sulle palle quindi non la definisco amica, però la conoscevo”.
Tiziano tirò un sospiro, si tolse la giacca e osservò l’appartamento. Non mancava niente ed era pulito.
“non ho rubato nulla” disse lei. “quando finisce questa storia potrei andare a lavorare per un’impresa di pulizie. Poi aprirne una io”.
“ma non potevi chiedermi il permesso per stare qui?”
“non ci siamo scambiati il numero”
“e poi, che razza di gente frequenti?”
“oh, senti, gli spacciatori non ti obbligano a prendere niente, chiedono e poi sei tu che accetti”.
“che vorrebbe dire?”
“che la società di benpensanti che non siete altro li giudica in maniera eccessiva”.
“e la prostituta? Lo sai che la ragazza…”
“…si pagava gli studi facendo marchette. Le puttane se ne stanno per i cazzi loro, sono i clienti che le cercano. La società di benpensanti che non siete altro le giudica in maniera eccessiva” ribatté lei soddisfatta.
“e il pappone? La quarta vittima?”
“ah, quello sono contenta che sia stato mangiato. Obbligava la ragazza a pagargli il pizzo. I papponi, sì, quelli vanno giudicati male”.
Tiziano sospirò ancora.
“non hai un altro posto dove andare?”
“sto facendo delle telefonate. Aspetto una risposta. Entro fine settimana dovrei riuscire a…”
“Stasera vengono i miei amici a giocare. Non dire niente delle vittime”.
11
La serata si svolse tranquilla, giocando a Zombicide. Tiziano non pensò alle stranezze raccontate da Vania, che si comportò normalmente, cioè, nel suo caso, da persona estroversa ed eccentrica.
Quando la serata finì, la ragazza fece finta di rimanere per “aiutare Tiziano a mettere a posto” in modo che gli altri tre non sospettassero che era da giorni ospite fissa della “tana”.
Rimasti soli e finito di mettere a posto, Tiziano iniziò a sentirsi un po’ a disagio. Avrebbero dovuto dividere il letto e fare sesso come l’altra volta? Oppure rimanere ognuno al suo posto?
“io… ecco… dovrei mettermi il pigiama” disse lui imbarazzato.
“a tal proposito” rispose lei senza nessun problema” come avrai capito, io non ho con me il pigiama”.
Tiziano la guardò sorpreso.
“e, scusa, come hai dormito in queste notti?”
“nuda” rispose lei con una smorfia.
Lui strabuzzò gli occhi e la ragazza proseguì.
“comunque tranquillo, non ho usato il tuo sacco a pelo. Ho preferito usare la pelle. Se non ti dispiace lo farei anche stasera. Tenendo su magari l’intimo, però”.
“si, si fai pure… come ti pare” rispose lui prendendo il pigiama e correndo in bagno.
Si sedette sul water mettendosi le mani nei capelli. “ma chi cazzo mi è capitata?” si chiese.
Rimase in quella posizione per diversi minuti, poi decise di farsi la doccia. Con calma, una bella, lunga e calda doccia rilassante. Una volta uscito, pronto per la notte, vide che la ragazza stava già dormendo, per terra, avvolta nella pelle di lupo. Che in teoria, avrebbe dovuto fungere da tappeto e non da coperta. Sospirò. Si infilò nel sacco a pelo, e spense la luce.
Iniziò a farsi alcune domande, tipo: ma Vania in questi giorni come ha fatto con i vestiti? Ha tenuto su sempre gli stessi?. E a lavarsi? Il bagnoschiuma e lo shampoo (da uomo) li aveva lasciati in bagno, e si era accorto che ne era diminuita la quantità, ma per asciugarsi? Avrà usato i suoi asciugamani? E se la ragazza, che qualcosa di strano ce l’ha di sicuro, avesse qualche malattia? Si sarebbe beccato qualcosa di strano pure lui, magari una dermatite rara, una piodermite incurabile e dolorosa o una psoriasi in qualche zona imbarazzante.
Per un momento si sollevò su un braccio, con l’intenzione di chiamarla per chiederle a riguardo, ma si bloccò. Si lasciò andare sul letto, con lo sguardo rivolto verso l’alto.
“domani le dico di andarsene, che non voglio avere problemi, che forse stare da un’altra parte potrebbe essere più sicuro per lei” pensò. “si, farò così. Certo è strano. L’uomo dovrebbe essere cavaliere e lasciare il posto alla donna sul letto. Ma col cazzo che vado a dormire per terra. È casa mia. Proprio proprio casa no, ma è mia! È giusto che stia sul letto. Però ci sarebbe posto per entrambi. Ma un solo sacco a pelo. Potremmo dividerlo come l’altra volta. No, poi magari vuole fare sesso e stavolta mi piglio davvero una malattia. Se non ce l’ho già. Domani la caccio, poi prendo appuntamento dal dermatologo. E a breve faccio pure un salto al centro TMS.”
Rimase lì a girarsi nel letto senza prendere sonno per un bel po'. Ad un certo punto si girò di nuovo a faccia in su, sbuffando. Fissò il soffitto, illuminato dalla luce azzurra e pallida che entrava dalle finestre smerigliate che davano sulla strada, anzi, sul marciapiede. Poi si girò sul fianco che dava verso il muro.
Fu in quel momento che sentì uno strano suono provenire dal pavimento, un verso simile a quello di un animale che respira profondamente.
“sarà quella cretina che vuole farmi uno scherzo” pensò.
Sentì un alitata di fiato caldo sulla sua nuca, e il rumore di qualcuno che lo annusava.
“deficiente… ma col cazzo che ti do soddisfazione, mica mi giro e mi faccio spaventare, io!”
A questo punto ci furono dei passi, come strascicati, che si allontanavano. Il rumore della porta che si apriva
“ma... non ho chiuso a chiave? E dove cazzo va?”
E rumori di passi felpati dall’esterno.
Si mise di colpo seduto sul letto: la porta era aperta, e nella semioscurità notò che la ragazza non c’era più. E nemmeno la pelle di lupo in cui dormiva.
“ma ‘sta stronza… che ha nella testa?”
Si sfilò in fretta dal sacco a pelo, e si precipitò all’esterno alla ricerca della ragazza, trovando però la strada deserta.
“era suo quel cane?” gli chiese un passante.
12
Tiziano tornò nell’appartamento e si precipitò immediatamente al cellulare, cercando di chiamare Lucio per dirgli… cosa? Che la pazza era scappata da casa sua con la pelle di lupo addosso? Forse era il caso di denunciarla alla polizia… controllò velocemente che in casa non mancasse niente: portafoglio, cellulare, pc portatile, televisore. Tutto in ordine. Quindi?
Tornò a controllare la porta. C’erano le chiavi infilate. Forse ce le aveva lasciate lì Vania apposta per uscire di nascosto. Più probabilmente le aveva dimenticate lui. Chiuse la serratura, e decise di rimettersi a letto.
Non riusciva a riprendere sonno perché continuava a rimuginare sulla situazione. Rimase a rigirarsi nel divano letto per diverso tempo, fino a quando sentì bussare alla porta.
“Apri, sono io”.
Fece finta di non sentire.
“Tizi, sei sveglio?”
Ah! Pure i nomignoli affettuosi, usava, adesso!
“dai … riapri per favore”.
Tiziano rimase imperturbabile, fermo sul letto.
I richiami si zittirono. Pensò che la ragazza se ne fosse andata. Sola, al freddo, con addosso solo la pelle di lupo (che non era classificabile come pelliccia, e sempre che non l’avesse già rivenduta a uno spacciatore o peggio) … iniziò a sentirsi in colpa proprio nel momento in cui il citofono eruppe in un prolungato suono che lo fece sobbalzare sul letto. Si alzò di corsa diretto verso la cornetta per rispondere e sentì la voce della ragazza.
“apri, sono rimasta chiusa fuori!”.
Schiacciò il tasto per aprire, e andò ad aspettarla sulla porta. Avrebbe voluto farle prima una sceneggiata, poi cacciarla da casa, ma quando la vide non se la sentì: aveva l’aria scossa.
“scusa” disse lei, “non so cosa… dove…” lasciò cadere la pelle di lupo per terra, rimanendo con addosso solo l’intimo e si sedette sul tavolino davanti al divano, tenendosi le braccia al petto.
“domani vado via” disse trattenendo il pianto.
Tiziano avrebbe voluto dirle qualcosa per rassicurarla, ma no, era proprio quello che voleva: che quella stramba, con qualche rotella fuori posto e con evidenti problemi sulla cui natura non voleva indagare, uscisse dalla sua vita. Tirò un sospiro e si avviò al lavandino, dove riempì un bicchiere d’acqua e lo porse alla ragazza.
Lei alzò lo sguardo con segno di ringraziamento, ma declinò.
“non è avanzata della birra, per caso?”
13
Dopo la nottata di emozioni, terminata con sesso da ubriachi, Tiziano si risvegliò la mattina dopo alquanto sconvolto. Vania se n’era già andata, stavolta con i suoi vestiti e senza la pelle di lupo. Gli aveva lasciato un biglietto sul tavolo, scritto a pennarello su uno dei fogli che usavano per il gioco: “meglio se butti la pelle. Grazie di tutto. Vania”. Leggendolo, Tiziano fece una smorfia. Lo prese in mano per stracciarlo, poi però decise di tenerlo come prova nel caso la Polizia o i Carabinieri fossero venuti a chiedergli della ragazza. Lo riappoggiò sul tavolo, e si accorse che il medesimo era stato macchiato dal pennarello usato per scrivere. Sospirò di nuovo per non incazzarsi. Decise di uscire per fare colazione il prima possibile.
In ufficio incontrò Ernesto, un collega da cui si ricordava di aver sentito raccontare di aver impiantato in casa un sistema di sicurezza utilizzabile con il cellulare.
“certo, ricordi bene” rispose lui quando Tiziano gli chiese a proposito. “me l’ha fatto mio cognato. Ne vuoi uno anche tu? Te lo faccio fare con un prezzo da amico”.
Tiziano ci pensò un attimo.
“mi serve una cosa semplice. Ricordi quel seminterrato che ho ereditato?”
Uscito dal lavoro Tiziano si diresse verso “la tana” insieme ad Ernesto, dove trovarono il già citato cognato con la telecamera da piazzare all’interno dell’appartamento. Dopo il collaudo dell’apparecchio i tre ordinarono da mangiare e si trattennero un po’ dopodiché tornarono ciascuno verso casa. Visto che il cognato abitava nelle vicinanze della casa di Tiziano, questo usufruì di un passaggio.
Quella notte Tiziano, tanto per cambiare, non riusciva a prendere sonno. Saranno state le emozioni dei giorni precedenti, il cibo indiano preso con Ernesto e il di lui cognato, la birra bevuta appena rientrato a casa. Visto che era lì, decise di dare un’altra occhiata, per sicurezza all’interno della “tana” tramite la telecamera. L’inquadratura era perfetta: riprendeva la porta d’ingresso, tavolo e divano, fino a quasi all’ingresso del bagno. Si vedeva benissimo anche la pelle di lupo che giaceva per terra. E anche la definizione era ottima, anche con la poca luce che filtrava dall’esterno. Sembrava tutto a posto… tranne una figura, in controluce, all’esterno della finestra a lato della porta. La vedeva muoversi come se stesse trafficando con qualcosa… riuscì ad aprire la finestra e sgattaiolare dentro. Una esile ed agile figura vestita di scuro… Vania!? Arrivò davanti alla pelle di lupo e la guardò. Ci si inginocchiò davanti, quasi ad annusarla. Po in fretta e furia si spogliò e ci si sdraiò sopra.
“adesso chiamo la polizia” pensò Tiziano. “quella è una pervertita… come si fa a chiamare un numero ma tenere l’immagine?”.
Proprio in quel momento vide qualcosa che gli fece strabuzzare gli occhi: la pelle sembrava avvolgersi intorno alla ragazza e diventare una cosa sola con lei… una specie di creatura antropomorfa, metà lupo e metà essere umano… che di scatto si mosse e uscì dalla finestra rimasta aperta.
Tiziano rimase a fissare il cellulare con gli occhi spalancati, il cuore che batteva all’impazzata e sudato freddo per diversi minuti. Quando si riprese cercò di razionalizzare la cosa, pensando a uno scherzo (ma gli unici a sapere della telecamera erano Ernesto e il cognato e nessuno dei due conosceva Vania per avvertirla e coinvolgera), a un hackeraggio della linea della telecamera (ma trovare un film dell’orrore con un’attrice che assomigliasse a Vania e una location simile alla “tana” era alquanto improbabile), pensò a un filmato fasullo stile deep fake (ma chi avrebbe avuto la possibilità di realizzarlo, tra quelli che conosceva?). Si alzò, andò in cucina, e si bevve un bicchiere d’acqua.
Incrociò suo padre.
“tutto bene?” gli chiese il genitore, “hai una faccia…”
“ho avuto un incubo” gli rispose. “senti, domani mi presti la macchina per andare a lavorare?”
Ricevuto il permesso, tornò in camera sua, continuando a guardare la telecamera della “tana”. Vide la creatura tornare, sdraiarsi per terra e scindersi nelle sue due parti: la pelle, che tornò a giacere inanimata sul pavimento, e Vania, che corse in bagno. Alcuni minuti dopo ritornò in soggiorno, rindossò i suoi vestiti e uscì di nuovo dalla finestra.
Questa volta aveva registrato tutto.
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La mattina dopo Tiziano chiamò in ufficio, e con la scusa che un tubo dell’acqua rotto gli aveva allagato la casa si prese un giorno di permesso. Con la macchina del padre si recò a un ferramenta, dove comprò due pesanti catene e altrettanti lucchetti. Quindi, attraverso il traffico, si diresse verso “la tana”.
“pensa se mi vedono i miei colleghi” pensò lungo il tragitto, “la scusa del tubo rotto non reggerà più”.
Una volta a destinazione, entrò nell’appartamento, dove aprì il baule da cui aveva tirato fuori la pelle, e ce la rimise dentro. Lo portò nel bagagliaio della sua macchina, dove, con non pochi problemi, lo legò con le catene e i lucchetti comprati, quindi si avviò fuori città, verso l’aperta campagna, dove, attento a non farsi notare da nessuno, buttò il baule e il suo contenuto nel fiume.
Mentre lo vedeva affondare nell’acqua sporca, si asciugò la fronte dal sudore, pensando che forse avrebbe dovuto mettere almeno un paio di pietre nel baule, in modo che rimanesse sul fondo.
15
Con grande soddisfazione, Tiziano si fermò presso il bar più vicino a fare colazione. Cappuccino e, per festeggiare, un croissant alla cioccolata. Da un tavolo prese il quotidiano in cerca della notizia sulla possibile vittima della “bestia” della notte prima. Trovò solo articoli che parlavano genericamente dei precedenti assalti. Tirò un sospiro di sollievo. Si mise a guardare lo smart phone in cerca di notizie più recenti, quando gli ritornò in mente la finestra da cui Vania entrava e usciva a piacimento. Così pagò il conto, risalì in macchina e si diresse verso la “tana”.
Il traffico si era fatto più intenso e gli ci volle un po’ per arrivare a destinazione. Si armò di pazienza e accese la radio su un’emittente dove trasmettevano solo canzoni.
Arrivato a destinazione, ci fu l’impresa epica di trovare parcheggio. Dovette girare un po’, per poi buttarsi finalmente in un posto libero dalla parte opposta dell’isolato. Assicuratosi di aver chiuso bene, si diresse finalmente verso la sua destinazione. Aprì il cancelletto, e da fuori osservò la finestra incriminata. Per quanto poteva capirne lui, non sembrava avere segni di scasso. Provò per sicurezza ad abbassarla, e notò che facendo un po' di forza, questa scendeva. A quanto pare Vania non era una scassinatrice professionista, ma aveva solo avuto fortuna. Il malfunzionamento dell’infisso era sfuggito ai controlli e alle ristrutturazioni successive al suo acquisto. Entrò nell’appartamento, e con calma, si mise a cercare un falegname che venisse a controllarla.
La ricerca fu un po’ lunga, ma alla fine trovò il signor Ramirez che si presentò nel tardo pomeriggio.
“vuole che la rinforzi?” chiese questo con accento ispanico.
“vorrei che la bloccasse” rispose Tiziano, “ho avuto problemi di ospiti sgraditi”.
“capisco. Allora provvedo subito”
Il falegname si dimostrò molto esperto e loquace. Mentre sistemava la finestra gli raccontò del suo arrivo dal sud America, di sua figlia che fa le medie ed è molto brava con il pianoforte, e del figlio più grande, alle superiori, che ha degli ottimi voti a scuola e vorrebbe fare l’ingegnere, ma che se continua a correre dietro alle ragazze, col cavolo che finisce gli studi.
“già, le ragazze” disse Tiziano tra sé, riemergendo dallo stato di disinteresse che provava mentre l’uomo parlava. Questi lo guardò di sottecchi, ridacchiando. Probabilmente aveva capito qualcosa. Finita l’opera, era ormai ora di cena. Il signor Ramirez tornò a casa dalla famiglia, Tiziano decise di farsi portare qualcosa dal ristorante cinese lì vicino.
Rimpinzatosi di ravioli e involtini primavera, annaffiati con birra dozzinale avanzata dall’ultima sessione di gioco (era Martino quello che portava solo schifezze, se non ti intendi di certe cose lascia stare…) si abbioccò sul divano mentre guardava alcuni video sul cellulare.
Venne svegliato, ad un rumore davanti alla finestra. Nella stanza era buio (doveva aver dormito un bel po’, se nel frattempo il sole era tramontato) e dalla luce che proveniva da fuori, vedeva, attraverso la finestra, una silhouette esile. Vania stava provando un’altra volta ad entrare, ignorando che lui fosse dentro e che l’oggetto del suo desiderio non ci fosse più.
Piano piano si avvicinò alla porta, aprendola di colpo, sorprendendo la ragazza che, saltò dallo spavento.
“ma sei, pazzo?” gli urlò lei.
“ah, io sarei pazzo?”
“cosa?”
I due rimasero a guardarsi in cagnesco per un po’.
“non c’è più” disse lui.
“cosa?”
“hai capito benissimo. Ho scoperto che tornavi qui ogni notte e ho capito cosa facevi. L’ho chiusa in una cassa e l’ho buttata nel fiume”.
“non è vero” disse lei preoccupata
“certo che è vero. E poi me lo avevi scritto tu di farlo, no?”
“potrebbe essere stato un suggerimento aventato”
“e ho bloccato la finestra, come avrai notato” aggiunse.
“come…” balbettò Vania.
“oh, finalmente una domanda diversa” ironizzò Tiziano, “ora per cortesia vattene e non tornare più qui né a cercarmi. Oppure…”
“oppure?”
“oppure dico tutto a…”
“a chi?” lo incalzò lei, “e cosa? Che io prendevo…” si interruppe, capendo che, seppur commessi in maniera inconcepibile da una normale mente umana, stata comunque per ammettere di aver commesso degli omicidi. Ad alta voce, e nel bel mezzo di una strada.
“la voglio, dov’è?” chiese allora cercando di nascondere la disperazione nella sua voce.
Tiziano rifletté un po’, poi le disse:
“l’ho buttato nel naviglio, dal ponte che c’è tre chilometri fuori città. Stamattina. Se riesci a trovarla, è tua, ma non ti voglio più vedere né avere a che fare con…”
Non fece in tempo a finire la frase. La ragazza era già corsa via. Si diresse verso la strada, e la guardò allontanarsi, seguendola con lo sguardo, finché non scomparì dalla sua vista. Sospirò.
Dall’alto sentì la voce di un condomino:
“Voi fidanzatini drogati potete mollarvi senza fare tanto casino?”
Tiziano rimase un po’ scosso. Rientrò nella “tana”, dove decise di pernottare, per essere sicuro Vania non provasse ancora a rientrare.
16
La mattina dopo Tiziano chiamò un’agenzia immobiliare. Disse di avere un monolocale da vendere e di cercarne un altro da affittare. Aveva inoltre deciso di non rispondere più alle chiamate di Lucio, di bloccarlo sui social e che nessuno doveva rivelargli il nuovo indirizzo.
Dopo quindici giorni i suoi compagni di gioco lo aiutavano nel trasloco. Dopo un’altra settimana era andato ufficialmente ad abitare da solo nel nuovo appartamento. Senza Vania, di cui i suoi amici avevano capito era meglio non chiedere più niente.
Della ragazza non ebbe più notizie. Nemmeno della pelle di lupo. E la misteriosa” bestia feroce aveva smesso di fare vittime.