in questo numero effetti speciali a go go |
Pedro lavorava all’ufficio personale della Tafazzi Inc, ormai da cinque anni. E occupando quel ruolo, volendo o meno, scopri tante cose dei colleghi. Quelli che al rientro dalle feste si mettono regolarmente in malattia, quelli che prolungano le ferie di un paio di giorni perché “il volo è stato sospeso”, quelli che “il bambino è stato male” e riuscivano a farsi il ponte anche se il loro capo non gli aveva dato il permesso, quelli che le mattine dopo la partita arrivavano sempre in ritardo, quelli che il venerdì trovano la scusa per uscire prima. Una cosa curiosa erano le visite mediche: quelli che ne facevano tre all’anno sempre nel mese di marzo, quelli che il dentista sempre prima dell’estate, quelli che sembrano feticisti dell’esame del sangue, manco volessero le braccia come gruviera… e il tipo più curioso di tutti: Gianni. Lavorava alla Tafazzi Inc. da diversi anni. I colleghi più anziani dicevano che quando arrivò lì, aveva già i capelli bianchi, l’andatura caracollante e quegli improvvisi tic che lo contraddistinguevano. “Sindrome di Palton-Parker” diceva lui. E lo dicevano anche i documenti che aveva presentato al momento dell’assunzione, firmati dal Dottor Raspotti dell’Ospedale Della Santa Pazienza. Attestavano la sua invalidità parziale e l’assunzione come categoria protetta. Gianni passava il giorno facendo quello che poteva, con la massima calma: smistava la posta (che raramente finiva al destinatario) e la cancelleria (ma quasi sempre mancava qualcosa nell‘inventario), sistemava le lancette degli orologi nei passaggi da ora legale a solare e viceversa (sempre cinque minuti avanti), andava a prendere gli ospiti (meglio se belle donne) in stazione e li accompagnava in albergo (sì, stranamente con tutti i problemi che aveva, poteva guidare), potava la siepe dell’azienda (questo gli riusciva bene). Faceva anche piccole commissioni: acquistava le batterie per gli orologi da muro, la carta e i toner per le stampanti, comprava quei piccoli attrezzi che potevano servire sul lavoro. E chiedeva sempre, prima di uscire, se qualcuno volesse qualcosa: brioche, gelati, ghiaccioli, una pizzetta… Ma no, non andava mai in banca, in posta, a comprare bolli e francobolli. Non si può pretendere tutto. Per le cose urgenti muovi il culo tu. E guai a parcheggiare la macchina di fianco alla sua: non voleva, dava di matto, ti rompeva le scatole finché non la spostavi. Il parcheggio interno dell’azienda aveva sempre un posto libero. Quello di fianco al suo.
Un tipo strano, Gianni, forse per colpa della sindrome di cui soffriva. Una sindrome molto rara, a quanto pare. Talmente rara che quando Pedro per curiosità la cercò su internet, non trovò nulla. Così, con il massimo delle buone intenzioni, e per poter capire meglio le esigenze del collega, gli parlò di questo fatto.
Lo incontrò sulle scale, un martedì mattina. Forse mercoledì, non lo ricorda più nemmeno lui. Però era certo fossero le undici o giù di lì. Pedro era un abitudinario, scendeva sempre a bere il caffè a quell’ora, a metà mattinata (così come prendeva il latte macchiato nel pomeriggio alle 16.00).
“Ehilà, Gianni” gli disse, “Come stai?”.
“Eh, ho avuto una nottataccia” rispose lui, “Non riuscivo a dormire. Mi agitavo, scalciavo, mia moglie si è pure incazzata. E lo sa che c’ho sta malattia, che s’incazza a fare?” gli disse come se stesse chiedendo po’ di compassione.
“Deve essere terribile” disse l’altro, “Vuoi che ne parliamo davanti ad un caffè?”.
“Eh, si, dai, bravo, offri tu” rispose l’altro.
Si avviarono giù per le scale, mentre Gianni continuava a ripetere come fosse fastidiosa la “sua malattia”, come lo facesse dormire poco e male, “la sua malattia”, come gli desse un sacco di problemi in famiglia “la sua malattia”. Arrivati a metà delle scale, Pedro notò che non barcollava poi tanto. E che aveva in mano un martello probabilmente per appendere, come d’abitudine, qualche certificato ottenuto dall’azienda, o qualche diploma di corso di specializzazione conseguito da un collega.
“In effetti è strano” pensò tra sé Pedro, “Che con tutti i tic che ha riesca a martellare come si deve. O a potare la siepe alla perfezione”.
Decise di arrivare al punto:
“Senti, ma questa ‘malattia’, che poi sarebbe una sindrome, che ha tu…”
“La Palton-Parker” disse Gianni sospettoso.
“Ecco, esatto, così per curiosità, l’ho cercata su internet, ma non ho trovato nulla: esattamente, che cazzo fa?”.
Gianni sobbalzò, sbiancò in volto, sembrò quasi scattare verso Pedro, quando, poggiando un piede male, si sbilanciò e cadde rovinosamente giù per le scale, fino a ruzzolare ai piedi della reception.
“Oddio, Giannni!” urlò Miriam, la receptionist, “Gianni è caduto, chiamate i soccorsi!”.
Marta, addetta al pronto soccorso si fiondò di corsa fuori dal suo ufficio.
“SignorGiannirestifermolapregononmisembraunacosagravamadobbiamochiamarel’ambulanza”.
Anche Allan, Karson e il Sig. Tafazzi in persona uscirono di corsa dall’adiacente sala riunioni,
“Si è fattto male?” chiese l’amministratore della società.
“No, no, sto bene, lasciatemi in pace” disse Gianni rialzandosi.
“SignorGiannirestifermosisiedasullapoltroncinaprendaunbicchierd’acquachiamiamol’ambulanzasubitissimo!!!” si premurò Marta.
Allan e Karson aiutarono Gianni a sistemarsi in sala d’attesa, di fronte alla reception e dal lato opposto della sala riunioni. Il Sig. Tafazzi si sincerò che la centralinista avesse chiamato il Pronto Soccorso.
“Saranno qui a minuti” lo rassicurò lei.
“Meno male che posso contare su di lei, signorina, il signor Gianni è categoria protetta, bisogna stare attenti quando succedono queste cose, sa…”.
Il pippone dell’amministratore fu bloccato dall’arrivo della Croce Rossa.
Miriam, prontamente indicò la sala riunioni. I due barellieri e un terzo assistente entrarono senza indugi per visitare il povero Gianni. Questi li spintonò violentemente:
“No, lasciatemi stare, non vi voglio, andate via!!”.
“Oh no, sta opponendo resistenza!” disse Tafazzi prendendo il telefono della reception, “Ora ci tocca chiamare i Carabinieri!” aggiunse componendo il numero con solerte prontezza.
“No, non chiami i Carabinieri, signor Tafazzi, sto bene!”.
“Ma non posso non chiamarli, sa, la legge!”.
“No, ma io non voglio, sto bene, mi sono rialzato!”.
“Su, non sia sciocco!” cercò di convincerlo Karson, con la sua parlata a scatti. “Meglio andare sul sicuro in questi casi!”.
“No, ma io non ho niente!”.
“SignorGiannifacciailbravosonoiol’addettaalprontosoccorsoleassicurocheèquestalaprocedura!” aggiunse Marta.
“No, sto bene, rimandateli a casa, tutti!”.
Dopo pochi interminabili minuti, due agenti furono sul posto.
“No, io i Carabinieri non li voglio, non ci vengo, lasciatemi stare!” insistette Giannni
Nonostante le proteste, l’uomo alla fine fu portato in ospedale per accertamenti.
La mattina dopo Pedro entrò in sala mensa per riporre il proprio pranzo in frigorifero. Lì, incontrò Miriam e Laura.
“Pedro, vieni qua” lo chiamò la prima.
“Sì?”.
“Ieri Laura non c’era, era andata via con Marco, e le stavo raccontando cosa è successo”.
“Riguardo a Gianni?”.
“Sì”, disse Laura, “Deve essere stato un bel casino convincerlo a…”.
Pedro sospirò.
“Cosa c’è? Perché quella faccia?” gli chiese Miriam.
“Ieri sera mi sono fermato fino alle 19.00 passate per finire alcune archiviazioni. Ho sentito il Tafazzi che parlava nel suo ufficio col Kerson… avevano la porta chiusa male e ho potuto origliare.
L’ospedale ha fatto degli accertamenti: la sindrome di Palton-Parker, di cui Gianni diceva di soffrire, non esiste!”.
“Cosa?” urlarono le due colleghe in contemporanea.
“Esatto: i documenti della malattia erano fasulli! L’ospedale ha quindi avvisato i carabinieri, che dopo una rapida ricerca l’hanno riconosciuto: Gianni Carappolo, già arrestato per contraffazione negli anni ‘80, per piccole truffe negli anni ‘90, per falso in bilancio nel decennio scorso e ora aggiunge alla sua fedina penale, il reato di falso invalido”.
“Allora era per questo che ieri non voleva farsi visitare” disse Miriam.
“Certo: temeva che se dei dottori seri lo avessero visitato, avrebbero scoperto l‘inganno!”.
“Quindi state dicendo che per tutti questi anni…” chiese Miriam.
“Già” risposero Laura e Pedro in coro. “Ci ha turlupinati alla grande”.
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