05 agosto 2012

TURF di J. Ross e T. L. Edwards

Alla faccia del concetto di "commistione di generi"


Di solito si pensa ai fumetti, e vengono in mente due cose: sgargianti supereroi in costumi colorati o animali antropomorfi. Entrambe le categorie vengono etichettate come "roba da bambini". Al di là degli innumerevoli discorsi che si potrebbero fare su ciò, volevo segnalare un fumetto che NON è supereroistico e NON è "funny animals" (gli antropomorfi di cui sopra). Cos'è? Leggete voi:
New York, 1929. Le diverse gang della città cadono come tessere del domino, mentre la famiglia Dragonmir lotta per la supremazia assoluta e per risvegliare l’Antico, un gigantesco vampiro da tempo addormentato. Ma l’alleanza tra un duro e un alieno arriva a creare una precaria situazione di stallo. Dal talento visionario della star TV britannica Jonathan Ross, una storia magistralmente illustrata da Tommy Lee Edwards (The Invisibles, Marvel 1985).
Gangster, poliziotti corrotti, una giornalista rampante (io l'avrei fatta un po' più spregiudicata), vampiri (strigoli, vabbè), un alieno che stringe amicizia con un criminale che si redime, due fratelli che si fanno la pelle l'un l'altro, sangue, crudeltà, uccisioni, sparatorie anche con armi spaziali, folle inferocite.
Molto consigliato agli amanti del genere. Quale? Vampiresco, poliziesco, gangeristico, giornalistico, fantascientifico...

In un'epoca in cui si invoca l'originalità e ci si lamenta come essa non ci sia più ("Tutto ciò che c'è c'è già" cantava non a caso Caparezza in una delle sue prime canzoni), si sta andando sempre più programmaticamente verso il "mischione" dei generi. Quanto sopra ne è un lampante esempio, ben riuscito nel complesso, ma con qualche pecca qua e là (il combattimento conclusivo da film americano, per esempio), che si può tranquillamente perdonare. Il finale lascia aperte almeno un paio di soluzioni per un ipotetico seguito, mentre dispiace un po' che il tutto si sia risolto in una miniserie di cinque episodi: a mio giudizio c'era materiale per qualcosa di molto più lungo. Non abbastanza, però, per raggiungere un'on-going, da qui la scelta umile ed apprezzata di porre una fine prestabilita.

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