Non sempre la prima idea è la migliore |
Che poi: hanno fatto serie tv anche a Las Vegas, a Miami, e, santi numi! Già negli anni ‘80 quel fighetto di Tom Selleck andava in giro per le Hawaii. Tom Selleck. Lui odiava Tom Selleck. Lui e i suoi baffi. Nulla di personale, per carità: tanti suoi amici avevano i baffi. Ma cazzo, Tom Selleck lo odiava.
Fatto sta che dovette rassegnarsi: il personaggio da lui creato, Cliffford Hangersoll, in arte Cliff Hanger, investigatore privato a Chicago, non sarebbe mai apparso sugli schermi televisivi. Aveva già pronte le sceneggiature per i 35 episodi della prima stagione, e i soggetti per i primi 12 della seconda. Aveva anche abbordato un’attricetta promettendole la parte della fidanzata del protagonista… ma ormai non se ne sarebbe fatto più nulla.
Il produttore, incontrato nel solito vecchio studio (non cinematografico) con la scrivania color ebano, l’aveva respinto dicendogli come l’idea proposta non fosse sufficientemente stravagante per la televisione del 2000. O meglio: degli anni ‘10 del 2000. Mah.
Così decise di sfogare la sua frustrazione mangiandosi un panino kebab dal chiosco all’angolo.
Youssuf, profugo libico arrivato da noi su un gommone, aveva messo da parte i soldi (la maggior parte dei quali ricevuti in nero) e aperto quell’attività. Quel tipo sì che sì era dato da fare, mica come lui che aveva troppi grilli per la testa.
“Aprire un chiosco dove vendere polenta taragna a Chicago, quella sì che sarebbe un’idea stravagante” pensò tra se, mentre addentava il cibo, assaporando la carne e la cipolla.
Passò davanti ad un negozio di libri. In vetrina, faceva bella mostra di sé “Un manuale per aspiranti scrittori”, volume scritto da Roberta Volpi ed edito dalla Galassiarte Editore.
Il pezzo d’agnello gli andò di traverso. Cliff Hanger, investigatore privato, non sarebbe più stato il telefilm che avrebbe ispirato una generazione di nuovi autori, ma una serie di libri che avrebbero fatto sognare gli scrittori del 2000. Anzi: degli anni ‘20 del duemila. Sarebbe bastato non trovare un editore con un vecchio studio con un tavolo d’ebano.
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