30 agosto 2012

TtA#20 : GLi Insoliti Casi di Fratello Nicodemo 1

IL CASO DELLA CASA E DELLA BAMBINA ALBINA
una recente immagine del protagonista
 
La direttrice accolse Fratello Nicodemo all‘ingresso dell‘Istituto. «È davvero una storia triste, quella della bambina!» disse, camminando insieme nei lunghi corridoi del palazzo.
«La morte di sua madre Alanna, l’alcolismo del padre Maximillian, l’infermità, la pazzia e la morte del nonno Irwin, gli incubi e le crisi isteriche della nonna Edelfa. E… insomma… essere nata albina… non l‘ha certo aiutata».
«Certo» disse il frate, disinteressato, con il cappuccio calato sul volto.
«Sono contenta che qualcuno s’interessi alla sua storia. Pensi: la famiglia l’ha fatta curare per via dei gravi problemi psicologici che questi traumi le hanno causato!».
«Come no» sbuffò Nicodemo, «Per caso c’entra il fatto che la piccola sia albina?».
La direttrice fece una smorfia e si chiuse in uno sdegnato silenzio, interrotto solo quando i due arrivarono alla porta della stanza dei giochi.
«Alena è qui da sola. Non ama la compagnia degli altri pazienti».
«Mi domando: quale bambino sano di mente amerebbe stare con degli ammalati veri?».
  La donna fece per rispondergli, ma l’uomo spalancò la porta e finalmente poté vedere per la prima volta la bambina dai capelli bianchi e carnagione pallida, di quattro, massimo cinque anni, mentre impegnata, stava disegnando curva su un tavolo.
«La prego di essere gentile e cauto, la bimba è molto sensibile» consigliò la direttrice, con tono severo. Il frate parve non aver ascoltato una sola parola, e si diresse dritto verso la piccola.
«Sei tu Alena?».
La bambina alzò gli occhi e lo fissò inespressiva, senza rispondere.
«Come le ho spiegato, la bambina non parla da anni» disse la direttrice, con tono seccato.
«Sei stupita che uno come me sia interessato alla tua storia?» proseguì l’uomo, ignorandola.
«Fratello Nicodemo» interruppe la direttrice, «Non mi ha detto come fa a conoscere la famiglia della bambina».
«Mai detto di conoscerla, infatti» rispose, scocciato per l’intromissione.
  «Cosa?». «Sono un uomo di Chiesa, vado dove devo e faccio le cose che vanno fatte».
A queste parole Alena fissò profondamente il volto dell’uomo in abito da monaco.
«Non è colpa mia, per tutte quelle cose brutte» urlò.
«Oddio! Alena ha ripreso a parlare! Devo avvisare i suoi famigliari, devo…».
«Scusi, sta disturbando» le disse il frate, secco.
«La bambina parla! È un miracolo!».
«Ha davanti un uomo di Chiesa, no?». La direttrice rimase di nuovo senza parole..
«Tu mi credi, sai che non sono stata io, vero?».
«Sì, bambina. So tutto. O per lo meno, so quello che c‘è da sapere».
«Hanno incolpato me perché sono brutta e mi hanno rinchiuso qui con la scusa che sono pazza!» sbottò alla fine.
«No tesoro», la tranquillizzò Nicodemo con tono rasserenante, «Non hai niente che non va, te lo assicuro».
Le porse la mano, lei gliel‘afferrò energicamente con aria speranzosa negli occhi, e i due si incamminarono verso l’uscita della stanza.
«Lei non può portare fuori la bambina! La luce le farà male.» urlò la direttrice.
Nicodemo sbatté la porta alle sue spalle, e questa si chiuse facendo scattare la serratura. La donna rimase bloccata dentro. Alena rise.
«Ti ho portato un ombrello per ripararti dal sole».
«Ho già il cappuccio della mia felpa» rispose lei.
Nicodemo sistemò Alena nel sidecar della sua motocicletta, per portarla presso la casa di lei.


«I preti possono usare la moto?» gli chiese la bambina, scendendo dal veicolo, una volta arrivati.
«Non sono un prete. E non è questa la mia abitudine più strana» rispose lui.
La piccola si diresse verso casa, e suonò energicamente il campanello. Quando la porta si aprì comparve il padre.
«E tu cosa fai qui?» riuscì a biascicare, con aria poco presente.
«Papà, devi uscire dalla casa».
«Uh?».
Nicodemo afferrò l’uomo e lo tirò fuori dall’uscio, facendolo quasi cadere a terra. Alena corse dentro, e tornò fuori poco dopo spingendo la nonna con le mani sul sedere.
«Che diavolo sta succedendo? Lei chi è? Questa bambina non dovrebbe stare qui».
«Non c’è più nessuno in casa» disse Alena.
«Pretendo di sapere chi è lei! Si vergogni, un uomo di chiesa!» urlò ancora la vecchia.
Il frate la ignorò e prese dalla propria borsa una Bibbia, un libro di preghiere e un aspersorio. Gettò l’acqua santa verso l’edificio, e iniziò a recitare una serie di preghiere in latino, con un tono di voce progressivamente sempre più alto, che raggiunse l’apice quando sollevò per aria la Bibbia urlando:
«Abbandonate questa casa, schifosi, e smettete di gioire delle disgrazie di chi vi abita!».
Le porte e le finestre della casa si spalancarono, le persiane iniziarono a sbattere seppur non tirasse un fil di vento. Nicodemo proseguì con le sue preghiere urlate. Dall’interno della casa si udirono delle voci stridule, che raggiunsero il culmine in un urlo di dolore talmente potente da obbligare i presenti a tapparsi le orecchie. Poi tutto tacque. L’uomo si girò verso gli altri con aria stanca ma soddisfatta. Dalla porta della casa, alle sue spalle, uscì uno sbuffo di fumo.
«“Schifosi“ non è uno dei termini più consigliati, ma a quanto pare funziona».
Alena gli corse incontro e lo abbracciò. Lui la portò dal padre.
«Se ne prenda cura» gli disse. «Riguardo a lei, signora», disse rivolto alla nonna, «Avrà capito che non è stata la bambina la causa di tutte le sciagure che hanno colpito la vostra famiglia».
La donna lo fissò infuriata.
 «Tutti i nostri problemi erano allora dovuti ad una casa infestata e non a… a mia figlia…» si intromise Maximillian
«No, Santissima Grazia del Signore!!!» sbottò lui. «La casa era infestata, è vero. Gli spiriti vi tormentavano, ma voi avreste dovuto distinguere il male fatto da loro da quello che vi siete causati da soli».
«La morte di mia moglie…».
«Una tragica fatalità» rispose Nicodemo.
«L’albinismo di mia figlia…».
«Genetica».
«Il mio alcolismo…».
«Ti sei lasciato andare».
«La malattia di mio padre…».
«Un altro tragico evento, pace all’anima sua» disse il frate facendo il segno della croce. «I demoni che infestavano l’edificio si nutrivano del vostro dolore, della rabbia, delle vostre recriminazioni, non ne erano la causa. E più voi vi consumavate, più loro si nutrivano».
«Se avessimo trovato la forza di reagire…» .
«Non avreste avuto bisogno di me» concluse. «Anche se una scampagnata me la sono fatta volentieri».
Maximillian si mise a piangere stringendo a sé la figlia.
«Perdonami amore, è colpa nostra, non avremmo dovuto incolpare te…».
«Sentito?» gridò Nicodemo verso la nonna. «Cos’ha da dire lei, a riguardo?».
«Io… io…».
«Lei ha sempre attribuito la colpa delle sciagure alla bambina. Pensava fosse indemoniata, o posseduta o chissà cosa».
«Ha… hai anche cercato di convincermi che non fosse figlia mia» disse Maximillian tappando le orecchie alla bambina, «Ma del demonio».
«Oh, uno dei miei classici preferiti» proseguì il frate. «Signora, le sue erano solo superstizioni che stavano per rovinare la vita a una bambina».
La donna restò in silenzio con aria colpevole.
«Purtroppo per questa ignoranza l’unico esorcismo è capire la propria ignoranza».
La nonna fece per avere una reazione, ma Nicodemo la fermò.
«Si, si, ok, saltiamo la parte lacrimevole in cui mi ringrazia e mi dice che cambierà, e passiamo direttamente a quella in cui lei cambia e tratta sua nipote con amore. Va bene?».
Senza attendere risposta si avviò verso la motocicletta, e accese il motore.
«Come amo dire: io sono la risposta alla vostra preghiera: “Liberaci dal male“».
Alena rise, e gli fece un cenno di saluto. Lui ricambiò, strizzandole l‘occhio e facendo il segno della croce ai suoi famigliari. Poi si mise il casco e partì lungo la strada, scomparendo tra la polvere alla loro vista.

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