31 ottobre 2017

StorieLLe: Vita prima della lobotomia

PREMESSA: questa storia fa da prologo a quest'altra





 Sylvan era molto legato alla casa di campagna: una vecchia cascina di famiglia ristrutturata in modo che a ogni della famiglia spettasse il proprio appartamento. Siccome tra tutti i cugini Mortendorf lui era l’unico a non essersi sposato o fidanzato o ad aver fatto figli, poteva godere il proprio appartamento in solitudine. Quando la settimana lavorativa era andata male, aveva qualche menata per la testa, o semplicemente aveva voglia di farlo, prendeva macchina, portatile, un dvd e/o un libro e si nascondeva in quell’edificio antico ma solido in mezzo ai campi. Se poi una festività lo permetteva, non si lasciava sfuggire l’occasione di una lunga pausa dal mondo. L’unica compagnia che tollerava era quella dei familiari lì presenti per caso. Ma questi sapevano della sua indole misantropa e lo lasciavano sostanzialmente in pace. Se non era lui a farsi vedere volontariamente per giocare con un nipotino o per fare un saluto nessuno lo disturbava.
Quell’anno il primo di novembre cadeva di lunedì, così che si prospettava un bel week end lungo. Aveva già sentito gli altri parenti:
“Ciao! Ci vediamo in cascina il prossimo week end?” aveva chiesto a coloro che sapeva essere assidui frequentatori del luogo. Alcuni gli avevano risposto che avevano già preso precedenti impegni, altri che non sarebbero potuti andare per problemi più o meno strampalati… a quanto pare, incredibile ma vero, aveva via libera!
“Oh, mi dispiace, sarà per un’altra volta! Ho provato quella birra che… ti devo restituire quel libro che… Ti presto il film che…” aggiungeva alla fine di ogni telefonata, simulando in malo modo dispiacere e cercando di nascondere invece la gioia di vedere scomparire tutti i potenziali disturbatori dalla lista.




Il venerdì prese un permesso per uscire prima dal lavoro, e arrivò a destinazione poco prima del tramonto. Salì la scala esterna che portava al suo appartamento, al secondo piano. Si fece una doccia, tirò fuori una birra dal frigo e si mise a guardare un film scaricato da Internet: “Amazzoni Contro Valchirie”. Poco prima della metà, quando le bionde e alte valchirie stavano per avere il primo scontro con le brune e formose amazzoni udì arrivare dal cortile un misto di rombi di motore, musica tunza tunza a palla e voci di ragazzi. Terrorizzato si affacciò alla finestra, e vide tre veicoli da cui scendevano una quindicina di ragazzi e ragazze intorno ai vent’anni. Aprì la porta e si fermò sul pianerottolo a fissare, allibito, il gruppetto di giovinastri che a sua volta ricambiò altrettanto allibito.
“Bella zio!” fu la voce che ruppe il silenzio.
“È tuo zio?” disse un tizio alto a un ragazzo moro al centro del gruppo.
“Sì! Bella zio, preparati che tra poco inizia la festa!”.
“Ma cazzo, avevi detto che non c’erano adulti” osservò di nuovo il tizio di prima.
“Tecnicamente anche noi siamo adulti” osservò una ragazza mora.
 “E tuo zio è figo, può passare la serata con noi” aggiunse una bionda.
Il nipote di Sylvan si chiamava Marco, era al secondo anno di università, era il figlio del cugino Alberto, quello cui doveva restituire un libro.  Che gli aveva detto non sarebbe venuto perché in viaggio all’estero. Quindi il nipote che ci faceva lì?
“Ok, Marco, a dopo!” disse Sylvan rientrando in casa. Serata tutta per lui andata a puttane. Però la ragazza bionda gli aveva detto che era figo… un aiuto alla sua autostima… anche se ricevere da una forse-neanche-ventenne il permesso di partecipare a una festa che sostanzialmente si teneva in casa propria,  non era esattamente il massimo, in tal senso. Sarebbe sceso a salutare, a portare una birra, scambiare quattro parole di convenienza e poi se ne sarebbe tornato su. Le formalità sociali: quelle che aveva sempre odiato.

Si presentò con un cartone di birre e due sacchetti di nachos intorno alle 22.00. Notò che al gruppo si era unita un’altra dozzina di persone. Da come erano conciati era evidentemente una festa di Halloween: i ragazzi erano vestiti chi da vampiro, chi da zombie, chi da non si capiva bene cosa… uno si era messo addosso un lenzuolo con due buchi per gli occhi: un fantasma. Che originale. Le ragazze invece erano vestite da zombie (scosciate e scollate), da vampire (scosciate e scollate), da infermiere zombie (scosciate e scollate), e una, in particolare, da strega: con cappello a punta e abito nero (scosciato e scollato). Solo lui era vestito da persona normale, e si sentiva a disagio. Più vecchio degli altri, si sentiva a disagio. La musica era troppo alta e si sentiva a disagio. Le luci da due soldi lo infastidivano e si sentiva a disagio. Sentendosi a disagio, si sentiva a disagio. Cercò suo nipote per portargli le birre, sapere se la festa fosse di straforo o potesse parlarne tranquillamente con suo padre, salutare qualche amico, poi, sgattaiolare via.
Il suo disagio fu interrotto dall’avvicinarsi di una ragazza vestita da strega. La riconobbe, era quella che aveva fatto il commento sull’essere adulti.
“Buonasera signor zio” gli disse avvicinandogli la bocca all’orecchio per farsi sentire in mezzo al frastuono. Nonostante il tono alto, la sua voce risultò gradevole. Aveva anche un buon profumo, che in mezzo al tanfo di chiuso e sudato della stanza, risultò gradevole. La guardò in volto e notò sotto al trucco scuro, degli occhi neri profondi. Un finto neo sul lato sinistro del mento.
“Puoi chiamarmi Sylvan”.
“Con la ipsilon, giusto? Io sono Lora. Tuo nipote mi ha parlato molto di te” rispose la ragazza secca.
Sembrava più grande degli altri. Qualche anno in più. Poco meno di trenta. Cosa ci faceva in mezzo a quella marmaglia? Era forse la sorella più grande di qualcuno? Un’universitaria fuori corso? Una collega di uno dei pochi non sfaccendati che già lavoravano?
“Se cerchi Marco,  è già in gaina” gli disse ridendo. “A proposito, mettiamo le birre in frigo?” .
“Ah, sì, so dov’è” rispose lui cercando di non sembrare un totale imbranato.
“Ovvio” notò lei. “Dammi le patatine, le aggiungo a quelle già in tavola”.
“Sono nachos” la corresse cercando di non risultare saputello.
“Come?”
“No, no, niente, fai pure”.
Eseguite le relative operazioni, i due si ritrovarono più o meno in mezzo alla stanza. Gli altri partecipanti alla festa stavano “ballando” come si fa in discoteca. Qualcuno faceva da barista riempendo i bicchieri, rigorosamente di carta, con alcolici, succhi di frutta e ghiaccio, mentre uno pseudo dj alternava le canzoni, rigorosamente tunz-tunz da un mixer collegato ad alcuni amplificatori messi in punti strategici del soggiorno.
“A mezzanotte terrò una seduta spiritica, ci stai?”.
“Ah, io… potrebbe essere divertente. Sarà sicuramente divertente”.
In realtà non poteva fregargliene di meno, ma aveva risposto simulando il massimo dell’entusiasmo di cui era capace solo per educazione.
“Vado a prepararmi” disse allontanandosi improvvisamente.
Sylvan si sentì come se fosse stato scaricato. Rimbalzato da una ragazza più giovane di lui. E che comunque era quella, per età, più vicina a lui. Decise che sarebbe risalito in casa, ma non prima di aver scroccato qualcosa di forte. Si diresse così al “barista” della festa.
“Dammi qualcosa di forte”.
“Bella zio! Buttati nella festa! Viva lo zio!” urlò il giovane.
“Bella zio!” risposero i ragazzi nelle prossimità. L’urlo si estese a quelli a loro vicini e in breve si formò un coro da stadio che durò per quasi mezzo minuto.

Uscito all’aperto con il cocktail in mano rifletté su quanto fosse ridicola la questione. Un quasi quarantenne misantropo che evita come la peste ogni contatto umano diventa il centro di una festa di universitari. Trangugiò il cocktail tutto d’un botto. Non abituato alla gradazione alcolica gli scappò una smorfia. In quel momento gli spuntarono di fronte un mostro di Frankenstein e un vampiro, insieme a una bionda vestita da infermiera zombie. Riconobbe la ragazza che aveva detto che era figo. Non poté fare a meno di notare le sue tette esagerate.
“Oh, zio, raccontaci qualcosa di imbarazzante su Marco da piccolo, così lo pigliamo per il culo”.
Sarebbe sopravvissuto alla serata?

Intorno a mezzanotte vennero chiamati tutti a raccolta. Lora avrebbe inscenato una seduta spiritica con la tavola di oujia.
“Ouija? È tipo il quinoa?” chiese Sylvan, brillo e spaesato alla bionda di cui non aveva capito il nome.
“Nah, è una delle cazzate che fa quella darkettona del cavolo”.
“Non ti sta molto simpatica?”
“Non è quello… è che…”
“Ti ruba la scena?”
La bionda fissò Sylvan e lo prese per mano.
“Facciamoci un giro, ti va?”.
I due si allontanarono dal resto del gruppo in direzione di quelle che una volta furono le stalle e ora sono i garage del casolato.
“Qui non dovrebbe vederci nessuno” disse la ragazza slacciandosi la divisa da infermiera.
“Ehi ehi ehi” cercò di fermarla lui “Hai il doppio dei miei anni. No: io ho la metà dei tuoi. No: ciascuno ha la sua età che però è troppo distante da quella dell’altro.”
“Si si, certo credi sia la prima volta che mi scopo uno più grande?” disse lei slacciandosi il reggiseno che aveva l’apertura sul davanti.
Sylvan rimase a bocca aperta a guardare quelle tette enormi, rotonde, forse un po’ basse, con le areole grandi e i capezzoli ingrossati dal freddo.
“Ma sì che mi frega dell’età” pensò, e si avventò con mani e bocca su tutto quel ben di dio.
La bionda rise e lo lasciò fare per un po’, poi lo spinse contro la parete,  si inginocchiò e gli slacciò i pantaloni. Sylvan si appoggiò al muro per godersi il pompino, pensando a quando fu l’ultima volta che ne aveva ricevuto uno. Gratis. Ok, che ne aveva ricevuto uno.
Aprì gli occhi, e vide in controluce, poco distanti, un gruppo di ragazzi fermi a guardarli.
“Beh, cosa volete?” urlò.
La bionda si girò, si alzò e andò verso di loro coprendosi i seni ballonzolanti.
“Mettete via i cazzo di cellulari, vediamo di non fare gli stronzi come a ferragosto, ok?”
Si fermò minacciosa, e Sylvan, riallacciati i pantaloni si avvicinò per darle man forte. I ragazzi restarono silenziosi, come inebetiti. Noto come il trucco da zombie dei loro travestimenti fosse molto realistico. Puzzavano pure da cadavere. Già. Pure troppo.
“Zio… questi non sono i miei amici” disse la ragazza.
Quello più vicino a loro emise un rantolo, allungò le braccia in direzione della bionda senza nome e l’afferrò, cercando di morderla. Gli altri lo imitarono cercando di afferrare ancheSylvan.
“Cazzo, sono zombie davvero!” disse scappando, cercando di trascinare via anche la ragazza. I due corsero verso l’abitazione, all’esterno della quale un piccolo gruppo stava facendo la seduta spiritica di cui si era parlato.
“Aiuto”, urlò, “Ci sono degli zombie veri, dobbiamo scappare”.
Tutti lo guardarono sorpresi.
“È vero, guardate!”
La bionda mostrò alcuni segni di morso che aveva sulle braccia, sulle spalle e su un seno. La maggior parte della gente si fermò a fissarle le tette.
“Non distinguo i morsi del trucco del costume da quelli veri” si giustificò uno di loro.
“Quello sulla spalla è make-up, quello sulla zinna sinistra è vero” sentenziò Lora con uno sguardo sinistro.
Contemporaneamente, dalla casa uscirono di corsa altri ragazzi.
“Zombie, zombie dappertutto”.
Il gruppo si riunì a quelli della seduta spiritica e si ritrovò circondato da zombie: quelli usciti dalla casa, quelli del garage e altri che non si capiva da dove fossero arrivati.
“Ha funzionato” constatò Lora soddisfatta, e spinse la bionda verso lo zombie più vicino. Questo la assalì, imitato poi dagli altri che attaccarono gli altri festeggianti, eccetto Lora stessa.
Sylvan venne afferrato alle spalle, cercò di liberarsi e vi riuscì grazie all’aiuto di suo nipote.
“Cazzo, zio! Corriamo alle macchine!”
Sylvan seguì il consiglio, e insieme a una ragazza sconosciuta corsero verso la Ford del giovane, che una volta salito mise in moto, sgommò in partenza e schizzò verso l’uscita abbattendo cinque o sei figure incurante se si trattasse di zombie o altri ragazzi umani come loro.
“Che diavolo è successo? È stata Lora a chiamare questi zombie? Chi diavolo è quella ragazza?”.
“Non lo so” rispose Marco, “Ci vende l’erba e si tromba un nostro amico”
Il discorso venne interrotto dalla tipa in macchina con loro, che, sistemata sul sedile posteriore, iniziò a emettere suoni simili a rantoli. Sylvan la guardò e notò una vampira con occhiaie, occhi vitrei, morsi su collo e spalle circondati da evidenti segni di necrosi.
“Ehm, la tua amica si è travestita da vampira zombie, vero?”
“Non esistono le vampire zombie, zio. O vampire, o zombie”
“Marco, siamo nella merda!”
La ragazza, travestita da vampira e trasformata in zombie si avventò su Marco. Sylvan cercò di staccarla dal nipote e venne attaccato dalla ragazza, che lo morse più volte in faccia, sulle braccia e sulle mani. Marco intanto, perse il controllo della macchina che si schiantò contro un albero. Sylvan venne sbalzato fuori dalla violenza dell’urto, e perse i sensi poco dopo aver visto il veicolo prendere fuoco.


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