31 agosto 2016

StorieLLe - AMORE, ESCO A PRENDERE LE SIGARETTE!


Armando uscì di casa quando il sole agostano stava ormai tramontando. Una volta arrivato di fronte alla sua tabaccheria preferita, quella del suo amico Piero, trovò la serranda abbassata con appeso il cartello di ‘chiuso per ferie’.
“La mia memoria fa cilecca, me l’aveva detto che avrebbe chiuso. Poco male, così non perdo tempo in chiacchiere” pensò, puntando al distributore automatico.
Infilò una banconota da dieci nell’apposita fessura, ma la macchinetta la respinse. Stupito, riprovò a inserirla dall’altro lato, ma anche stavolta niente. Sfoderò tutto il repertorio: arrotolarla, lisciarla, sfregarla, controllare che gli angoli non fossero spiegazzati. Provò con altre banconote, ma il risultato non cambiò. Incazzatosi, tirò un pugno alla macchina, che andò in tilt. Stizzito, sbirciò intorno, sperando che nessuno l’avesse visto. Guardò la videocamera di sorveglianza, che sapeva essere solo un pezzo di plastica inattivo e inerte, e le fece una linguaccia. Si mise allora in marcia verso l’altra tabaccheria del quartiere, quella gestita dalla “pazza”, come l’avevano soprannominata. Una signora avanti con gli anni, che a memoria d’uomo, o per lo meno a memoria degli abitanti più longevi del quartiere, aveva sempre gestito quell’attività e non era mai invecchiata di un giorno. Il nome vero della signora non lo ricordava nessuno, sapevano solo il suo nomignolo, affibbiatole da chissà chi chissà quando a causa di alcuni suoi bizzarri comportamenti. Ad esempio, ignorare eventuali clienti che si presentavano in negozio mentre lei era impegnata in una telefonata. Oppure guardare storto eventuali nuovi avventori. O ancora, rifiutarsi di servire coloro che non vedeva da un po’: “dove te le sei comprate le sigarette, in tutto questo tempo? In città? Bene, vai a comprartele lì anche oggi!” urlava loro. Come mai non fosse ancora andata in fallimento non si sa: dopo decenni era sempre lì.
Arrivato nelle vicinanze del locale, Armando notò che non aveva il distributore automatico, e che quindi era costretto ad entrare. Respirò profondamente e si fece forza pensando a come rispondere alle probabili stramberie della donna.
“Entro, prendo le sigarette ed esco prima possibile” si disse.
Varcò l’ingresso.
“Desidera?” chiese la donna con tono brusco.
“Si, buonasera” rispose lui avvicinandosi al bancone, “Un pacchetto di Silk Cut, per favore”.
“Sai come le chiamano le sigarette? Chiodi di bara. Fa molto figo tenere la sigaretta tra le labbra o in mano, ci si atteggia da gran signori, ma sai cosa succede ai polmoni? Sai cosa c’è dentro alle sigarette? Per dirne una: catrame. Come quello delle strade. Chi si mangerebbe un cibo a base di catrame? Chi si berrebbe una bevanda a base di catrame? Ma respirarselo, il catrame, sì, vero? E lo so che voi non potete stare senza. Se non fumate vi innervosite, ingrassate, è peggio di una droga. E tutte quelle scritte che fanno male a te e chi ti sta vicino e le ecografie dei polmoni rovinati e dei malati terminali? Eh, come la mettiamo? Eh? È una vergogna che venga permesso lo smercio di queste cose, e che ci sia gente che ci lucri pure su!”.
Le promesse di Armando di stare buono svanirono subito.
“Scusi, allora perché gestisce una tabaccheria?” sbottò.
La donna rimase un po’ in silenzio, con gli occhi sgranati e un’espressione severa, come se avesse ricevuto un insulto. Armando inizialmente ebbe paura, ma poi pensò che lui era il cliente, e che lui aveva ragione, e che lui sarebbe tornato a casa con le sue sigarette. Le sue fottute sigarette. Che lui voleva fumarsi e nessuno gliel’avrebbe impedito.
“Per cortesia, mi dà il mio pacchetto…?” chiese con tono fermo ma cortese. “Anzi, me ne dia tre: faccio la scorta”.
Il viso della tabaccaia si distese, afferrò i tre pacchetti e si diresse verso l’angolo del bancone dov’era sistemata la cassa. Armando, con una smorfia di trionfo, la seguì.
La donna appoggiò i tre pacchetti e iniziò a battere a ripetizione i tasti del contatore, che emisero il loro classico ticchettare. La cosa si protrasse per un po’ e Armando si innervosì. Cosa ci voleva a fare uno scontrino per tre pacchetti di sigarette? Tutt’al più che quando si riforniva dal suo amico Piero, questo lo scontrino non glielo faceva mai. Ma quindi… Piero era un evasore fiscali o era la donna che cercava prenderlo in giro in qualche modo? Bisogna davvero farlo lo scontrino per le sigarette?
“Lo scontrino bisogna farlo, Piero è un evasore, e questa donna mi sta prendendo in giro” stabilì tra sé e sé.
“Mi scusi” chiese lui per tagliare corto, “Ci vuole ancora tanto? Avrei fretta”.
La donna smise di picchiare sui tasti, volse lo sguardo verso l’ingresso, e poi fuori dalla vetrata come se stesse controllando qualcosa. Poi si girò nuovamente ad Armando, e gli sorrise, picchiando su un tasto più grosso degli altri. Gli mancò letteralmente il pavimento sotto i piedi, cadde verso il basso, atterrando e picchiando il culo sul pavimento duro in una stanza profonda e buia. Fece appena in tempo a realizzare di essere caduto in una botola, che la vide richiudersi. Udì un suono simile a una perdita di gas, e perse conoscenza.


Si risvegliò dopo un tempo indefinito. Gli ronzavano le orecchie e pulsavano le tempie. Si rese conto di essere bendato, imbavagliato e incatenato a una colonna, in un’ambiente fresco e secco. All’improvviso, udì dei passi leggeri avvicinarsi in seguito ai quali si levò il suono di diversi mugugni all’interno della stanza. Quante persone c’erano con lì con lui? Che diavolo stava succedendo?
“Silenzio” sentì urlare da una voce stridula di donna. Riconobbe quella della tabaccaia.
“Ricomincia la gara” aggiunse la stessa voce a tono normale.
Sentì un fruscio e lo scattare di un accendino. Un leggero inspirare ed espirare, e poi l’inconfondibile odore di fumo di sigaretta. Delle sue sigarette.
“Ripeto le regole per i nuovi arrivati: siete qui prigionieri senza acqua né cibo”. La donna fece una pausa per tirare un’altra boccata. “Chi resiste di più senza, vince una sigaretta. Chi schiatta peggio per lui. Chi cede e chiede da bere o mangiare, lo faccio schiattare io. Io ogni giorno vi soffio addosso il fumo di una sigaretta diversa… così, per essere bastarda”.
Armando trasalì, provò ad agitarsi per liberarsi, ma fu inutile.
“Piantala di far casino o ti spengo la cicca in faccia, stronzo” le disse la donna, che riprese a fumare lentamente la sigaretta passeggiando per la stanza fino spargendo il fumo ovunque. Quando finì disse:
“Domani torno, e vediamo se qualcuno di voi mezzeseghe si arrende”.
Si allontanò in silenzio.

Armando ripensò a sua moglie incinta, a quello che le aveva detto prima di uscire di casa:
“Cara, esco a comprare le sigarette. Torno subito”.

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