25 maggio 2011

Tales To Astonish #8: Vamputtana


Olga si appostò poco prima di una stazione di servizio. Da quel punto l’illuminazione lambiva la sua figura, mostrandola nella penombra, sinuosa e provocante. Una Polo si fermò davanti a lei. Un tizio brufoloso abbassò il finestrino, e lei gli si avvicinò sculettando. Si appoggiò al tetto della macchina, in modo da mostrare al meglio la scollatura al conducente e notò che a bordo c’erano in totale quattro ragazzi, quasi tutti poco sopra i vent’anni, un paio imbarazzati, gli altri con la faccia di chi sta per compiere una bravata.
«Ciao belli» disse lei marcando il suo accento straniero. «Cosa posso fare per voi?».
«Hai fiato per quattro?» domandò quello seduto al posto del passeggero, con gli altri che ridacchiavano in sottofondo.
«Certo» rispose lei spingendo in basso la scollatura del vestito. «Non vedi che polmoni?».
«Bene» rispose il primo «Ci gonfi le ruote?».
Mentre i ragazzi ridevano e il veicolo accelerava per ripartite, Olga si fece da parte per allungare poi le mani in direzione del passeggero seduto dietro al conducente e afferrarlo tirandolo fuori dal veicolo.
L’altro ragazzo seduto dietro chiese al conducente di fermarsi per aiutare l’amico… quello gli stava di fianco invece chiese di correre più forte. All’improvviso sulla traiettoria dell’automobile spuntò un altro uomo. Il conducente sterzò per evitarlo e la macchina finì contro un palo della luce. Il botto fu potente, e la macchina si accartocciò su se stessa. Il giovane sul sedile posteriore, si riprese pochi secondi dopo. Era schiacciato tra lo schienale e il sedile davanti a lui. Vide il collo del conducente appoggiato all’airbag e piegato in un angolo impossibile. Lo chiamò, e provò a scuoterlo, senza risposta. L’amico al posto del passeggero non c‘era più. Provò a liberarsi per uscire dall’abitacolo, ma non ci riuscì. Allungò la mano verso la tasca destra dei pantaloni per prendere il proprio cellulare. Lo estrasse a fatica, solo per vederselo portare via dal sopraggiungere di un’altra mano, pallida, dalle dita lunghe con le unghie ben curate e laccate di rosso.
«Chi?>>.
Il ragazzo riconobbe a stento il volto sporco di sangue della puttana che aveva tirato fuori dall’abitacolo l’altro suo amico, e lanciò un grido.
Olga l’afferrò, lo trascinò fuori dall’abitacolo e lo sbatté a terra, di fronte all‘uomo spuntato dal nulla. Di fianco a lui giacevano gli altri due suoi amici.
Il ragazzo cercò di alzarsi e scappare, ma aveva fratture scomposte su entrambe la gambe, non riusciva più a muovere il braccio sinistro, e gli girava la testa, forse per una commozione cerebrale.
«Questo non possiamo convertirlo… quindi…prego» disse l’uomo all’amica.
«Beviamo entrambi, Pavel» lo incoraggiò lei. «Io prendo la frattura alla gamba sinistra».
«Oh, bene. Io dal collo, come sempre».
Il ragazzo implorò pietà, disse che era solo uno scherzo, si mise a urlare. I due vampiri non lo ascoltarono nemmeno e bevvero velocemente e si saziarono.
«Questo ci voleva per il mio morale: una bella bevuta e due conversioni in una sola notte».
Olga stava per rispondergli qualcosa, ma ebbe un giramento. Lui la prese prima che cadesse a terra.
«Cosa ti è successo?» le chiese.
«Io… non credo di sentirmi bene»
Pavel osservò il ragazzo che la donna aveva tirato fuori dal finestrino.
«Quel ragazzo non era morto quando hai bevuto il suo sangue, vero?» le chiese preoccupato.
«Io… non credo» rispose lei.
«Probabilmente l‘hai ucciso strappandolo dalla macchina. Succede. Se bevi il sangue di un morto, anche se appena morto… beh, è come bere veleno. Non ti uccide, ma ti indebolisce».
«E cosa aspettavi a dirmelo?».
«Non te l‘avevo detto? Beh, te lo dico ora: mai bere sangue di un morto».
«Oh, grandioso. E per curarmi che devo fare?»
«Bere sangue “buono”. L’hai appena fatto e vedrai che a breve starai meglio. Ora andiamo a casa».
«Ma dovrai portarmi sulle spalle… sono ancora troppo debole per camminare» disse lei dolcemente.
«Sono un vampiro. Non sento fatica» rispose Pavel baldanzoso.
Olga gli sorrise pensando che prima o poi l’avrebbe ricompensato nel modo che lei sapeva.
«Prima però lasciami far sparire questo schifo».
Il vampiro buttò i cadaveri restanti sul catorcio, ne squarciò il serbatoio con una mano, e quando giudicò che fosse uscita benzina a sufficienza, con un pezzo di lamiera creò una scintilla. La benzina prese fuoco insieme al veicolo e a quel che restava dei suoi passeggeri.
Quindi si caricò la compagna su una spalla, lasciandola ricadere dall’altra parte e si incamminò.
«Come prima uscita non male, ma dovrò spiegarti due cosette o tre sulla caccia».
Lei a testa in giù, gli rispose ridendo:
«E me le spieghi meglio con la tua mano sul mio sedere?».
«Se non la metto lì cadi» rispose l’altro ridendo.
«Credo di riuscire a camminare da sola» ribatté lei ironica.
«No, io ne so più di te e ti dico che non stai ancora bene, quindi taci e lasciati trasportare».
Il cammino verso il rifugio proseguì tra frecciatine e risate.

1 commento:

erika_pepe ha detto...

Io l'ho già letto e commentato altrove.

Rinnovo però i complimenti anche qui: io amo i vampiri che fanno i vampiri!