03 novembre 2017

StorieLLe: diario di un non morto





Com’è la vita da zombie? Non molto diversa da quella di una persona normale. Da umano avevo un lavoro. Mi venivano imposti obiettivi, dovevo centrare un risultato, altrimenti i miei capi si incazzavano. Avevo qualche hobby: leggevo, ascoltavo musica, serie tv. Ogni tanto una corsetta o un po’ di bici. Amici? Pochi. Più che altro conoscenti.
Dopo? Dunque: il mio lavoro è diventato, letteralmente, portare a casa la pagnotta. Dove, per pagnotta si intende… si, esatto, proprio quella. Carne umana. Voi. Che detto così suona macabro, vero? Però è una questione di prospettiva. Se si potesse comunicare con gli animali, praticamente gli direste le stesse cose che io dico a voi, e loro avrebbero la stessa reazione che state avendo voi. Perché, si, insomma, guardatela dal mio punto di vista: l’insegnante severa delle scuole medie? Antipasto di affettati nostrani. Il bullo delle scuole superiori? Penne al ragù. L’amico che vi ha rubato la fidanzata? Bistecca di manzo. E così via fino a completare un intero pranzo, dove ogni volta potete cambiare menù. Perché il lavoro, come dicevo (forse sono andato fuori tema?) è portare a casa la cena. Solo che mangerei in ogni momento del giorno, non solo alle ore dei pasti.
Ma procediamo con ordine: lavoro in un gruppo, una trentina di zombie. Abbiamo un capo, una donna, che per i parametri di voi umani, si potrebbe definire una pupa sexy: alta, magra, capelli lunghi scuri e carnagione sempre abbronzata. Ma io non sono umano, quindi che mi frega? Ad ogni modo, mi sembra di aver capito che si chiama Lora.
Ebbene, costei ci porta a spasso per il mondo, ora a piedi, ora a bordo di carri bestiame o stipati in container (a noi di viaggiare in prima classe frega poco), per poi nasconderci in magazzini o fabbriche in disuso. Alcune volte pure in stalle abbandonate, ma dopo che il crollo di una di esse ci decimò, decise di sostate solo in edifici un minimo stabili. Una volta capitammo in un albergo costruito a metà. Fu divertente. Lora ci piazzò a coppie, un maschio e una femmina, e ci ha detto “riproducetevi”. Ovviamente noi non facciamo quelle cosacce lì.
Il nostro capo vuole che il nostro gruppo sia composto da trenta, massimo quaranta elementi. Durante ogni raid capita che qualcuno di noi tiri le cuoia (è inevitabile, le nostre prede – voi – si difendono), e che qualcheduno si aggiunga (in genere i “pasti” lasciati a metà, o umani già morsi che sono riusciti a scappare). Lora ci conta e se decide che siamo troppi, elimina qualcuno, se siamo in pochi, nella spedizione successiva ci ordina di aumentare. Dopo il già citato crollo della stalla, facemmo ben due uscite dedicate unicamente al reclutamento, presso una palestra di crossfitness, la prima, e una scuola di arti marziali. Abbiamo rinnovato le fila.
Tra di noi c’è un elemento che al capo non sta particolarmente simpatica: una femmina zombie, bionda, vestita da infermiera (oddio, vestita si fa per dire… secondo me è un costume sexy da festa in maschera, anziché una divisa vera e propria). Si capisce che la odia perché la tiene sempre rinchiusa in una gabbia, che fa spostare ad alcuni di noi, durante ogni nostro movimento. Non la fa mai uscire nei nostri “raid”, e spesso le mostra pezzi di carne. Lei si sporge per raggiungerli, ma Lora glieli toglie da sotto il naso. Così l’infermiera sexy non si nutre, e geme e si lamenta per la fame. Che è quello che facciamo anche noi costantemente: gemere e lamentarci. Ma i suoi versi sono più fastidiosi. Da umana deve essere stata una vera bomba sexy: bionda, tette piene, culo sferico. Da zombie è ancora meglio: carnagione pallida, occhiaie profonde, occhi vitrei, e un paio di ferite sulla carne, ormai in cancrena, circondate da vistose macchie di sangue rappreso. Non so chi di noi l’abbia morsa e trasformata… se avessi una coscienza mia la libererei e ci scapperei insieme. Ma, come detto, non ho una vera e propria coscienza mia, e il capo mi fa troppa paura. Ci fa troppa paura…

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