14 agosto 2015

TtA #39 - La Canzone Di Seppellitrice





Karen prese in mano i nuovi anfibi e li soppesò guardando i lacci solidi, la pelle lucida e le suole pulite. Tastò le punte rinforzate in ferro. Sorrise, e li rimise nella scarpiera: decise che quella notte avrebbe usato il solito paio, consunto e macchiato da decine di battaglie, ma a cui era affezionata. Lo infilò nella borsa e zampettò fuori dall’appartamento. Prese l’ascensore e discese fino al piano sotterraneo dove recuperò l’automobile dal parcheggio del  condominio.
Guidò nella notte buia della campagna e parcheggiò a una certa distanza dalla sua destinazione: il cimitero di Borgonero. Aprì la borsa, si sfilò le scarpe, indossò le ginocchiere sopra ai pantaloni per il jogging (più comodi di quelli di pelle che usava fino al mese prima), i suoi amati anfibi, e scese dal veicolo. Si calò il passamontagna sul volto, aprì il portabagagli e prelevò la vanga, che appoggiò sulla spalla.
Con tutta calma si avviò verso il cimitero. Ad un certo punto iniziò a sentirli arrivare. Quel soffuso e continuo lamento, da lontano, si fece più vicino. L’aria fredda della notte dicembrina cominciava a puzzare del loro tanfo infernale. Erano vicinissimi: si girò di scatto e fece roteare la vanga staccando al primo malcapitato entrambi gli avambracci in un colpo solo. Con un calcio alla pancia lo allontanò da sé e lo decapitò. Ne arrivò un altro da destra: questa volta si abbassò, gli amputò una gamba all’altezza del ginocchio e una volta a terra gli calpestò la testa spappolandola. Un terzo era alle sue spalle: si buttò in avanti, rotolò di lato e si rialzò. Aspettò che avanzasse oltre ai due già abbattuti, ora immobili. Il non morto vi inciampò semplificandole il lavoro: con l’avversario a terra vibrò un colpo di taglio e gli aprì in due il cranio. Quindi si guardò intorno per essere sicura che non ci fosse nessun altro.
Piazza pulita.
“Hasta la muerte” disse a bassa voce.
Dopodiché cominciò a scavare le buche in cui avrebbe risistemato i cadaveri.
“Da lì siete usciti, lì vi faccio tornare” disse.
Mentre sollevava il terreno, tornò a pensare a quella notte, nella casa di campagna, tanti anni fa. Una cascina ristrutturata in appartamenti dove passava i fine settimana estivi con la famiglia (genitori, fratello, zii e nonni). Una notte, mentre tutti erano nelle loro stanze, lei e il fratello Manuele udirono dei rumori provenire dal cortile. Si affacciarono alla finestra e videro delle figure muoversi nell’ombra. Emettevano un lamento continuo e fastidioso, e puzzavano come la morte. Il fratello urlò e scappò dai genitori: il padre e il nonno che si stavano già barricando dissero loro di stare tranquilli, che non sarebbe successo niente. Purtroppo l’assedio fu breve e sfortunato: gli invasori erano troppi, e riuscirono a sfondare le difese. Lo zio Marco e il nonno furono gli ultimi a cedere: le aprirono una via di fuga e le urlarono di scappare verso la campagna. Lei corse a perdifiato nella notte stellata, e si voltò solo quando sentì un’esplosione. La cascina aveva preso fuoco, bruciando gli assalitori, la sua famiglia e ciò che ne restava.
Ora, tanti anni dopo, con i mezzi che aveva disposizione, cercava e riseppelliva il male che usciva dalla terra.

La sveglia suonò alle sette in punto. Alzarsi dal letto le fu difficile. Si trascinò fino al bagno, dove aveva abbandonato per terra i vestiti della notte prima. Sbuffò nel pensare che avrebbe dovuto rimetterli a posto al suo ritorno. Si concesse una doccia calda, un caffè bollente poi si diresse al lavoro: il baracchino dei fiori di fronte al Cimitero Monumentale di Borgonero.

Nessun commento: