L’AUTOMOBILE CHE NON SI POTEVA FERMARE |
Era tanto tempo che vi trascuravo... rieccomi con una storia ispirata ad un mio sogno ricorrente |
Si svegliò stordito e con un senso di smarrimento. Ci mise un po’ a riconoscere il sedile posteriore della propria automobile.
“Che ci faccio qui?” si chiese mettendosi a sedere.
Si accorse con orrore che il veicolo era lanciato a folle velocità su un rettilineo, senza nessuno al posto del conducente. Osservò il volante, che restava immobile, permettendo che la corsa proseguisse dritta. Dallo spazio tra i due sedili anteriori si sporse in avanti, allungando le mani per cercare di afferrarlo. Lo toccò appena e il veicolo fece un pericoloso spostamento sulla destra. Con uno scatto lo riportò in linea retta, leggermente scostato dal centro della carreggiata. Fin dove poteva vedere, la strada sembrava dritta, ma non sapeva ancora per quanto. Di sicuro non sarebbe stata infinita. Lasciò andare il volante, dolcemente. Il veicolo non si spostò dalla sua traiettoria. Provò a scivolare in avanti per raggiungere il posto del conducente, ma si accorse di non riuscirci. Provò allora in quello del passeggero. Fece attenzione a non urtare il volante: prima una gamba, poi il corpo… non ci passava. Guardò preoccupato la strada: sempre dritta, fino a dove poteva vedere. Di fianco a lui solo campi incolti, a perdita d’occhio. Tutto sudato, tornò alla posizione di partenza, e gli venne un idea: i sedili erano reclinabili! Tastò velocemente alla ricerca della manopola, e una volta trovata abbassò lentamente il sedile del conducente.
“Ce la faccio!” gli scappò a voce alta.
Terminata l’operazione, prima di scivolare in avanti, gettò un’occhiata ai pedali: erano al loro posto e non sembravano manomessi. Perché diavolo allora quel mezzo correva così forte? Lentamente, ma con gesti decisi, prese posto finalmente al volante, che afferrò saldamente con entrambe le mani. Schiacciò il freno, ma non ottenne nessun risultato. Provò con la frizione: spinse fino in fondo, poi cercò di scalare la marcia: la leva del cambio si mosse, ma la folle e velocità del mezzo non mutò. Di fronte a lui, sempre strada, spianata e sgombera, in mezzo al nulla. Con un respiro profondo, afferrò il freno a mano, tirandolo con forza. Nessun risultato.
“Ma che diavolo succede?”.
Per assurdo che fosse provò con l‘ultima cosa che gli era rimasta: l’acceleratore.
“Tanto più forte di così non posso andare”, si disse.
La lancetta dell’indicatore di velocità era sul massimo. Premette il pedale, e lo sentì arrivare molle alla fine della sua corsa.
“Cazzo!” imprecò.
Lo lasciò andare, e tornò al suo posto, senza nessuna alterazione sulla corsa dell’automobile.
Forse finirà la benzina? L’indicatore del serbatoio segnava il pieno, che lui non ricordava di aver fatto.
“Con tutto quello che costa la benzina, oggi chi mi ha fatto questo scherzo deve odiarmi proprio tanto”, ironizzò amaramente tra sé.
A questo punto poteva solo sperare che il motore fondesse. Guardò il termometro, che indicava la temperatura media.
“Ma ho tutto a sfavore, oggi!”.
Pensò alla strada: se la strada si fosse protratta sempre libera e sgombra, magari la benzina sarebbe finita. Ma alla minima curva, a quella velocità, si sarebbe capottato. Cercò nel proprio giubbotto il telefono cellulare senza trovarlo. Per la rabbia picchiò un pugno sul cruscotto, per poi guardare terrorizzato il volante, che per fortuna non si mosse. Lo afferrò di nuovo, e iniziò a schiacciare tutti i pedali a caso, tirare il freno a mano, alzare e abbassare la temperatura del climatizzatore, tirare su e giù i finestrini elettrici, regolare lo specchietto retrovisore manualmente e quelli esterni con l’apposita levetta, ma tutto restava invariato.
Si asciugò il sudore dalla fronte, e respirò profondamente per calmarsi, quindi riportò lo sguardo sulla strada: in fondo ad essa apparve un muro, un altissimo muro in pietra. Impaurito cercò nuovamente di frenare, ma non ottenne risultato. Distinse in mezzo al muro la sagoma di un cancello, e, contemporaneamente, sentì la macchina decelerare. Più ci si avvicinava, più il mezzo rallentava. A pochi metri da esso, si fermò. Sul cancello campeggiava un cartello:
INFERNO.
“No!, No!”.
Provò ad aprire la portiera, ma era bloccata. Cercò di abbassare il finestrino, come aveva fatto prima, ma stavolta non ci riuscì. Provò a riavviare il mezzo, che però non ripartiva. Iniziò a picchiare contro il parabrezza e finestrini, ma si procurò solo un forte dolore alle mani. Cercò nel cruscotto e sotto ai sedili qualcosa per sfondarli, ma non trovò nulla.
Il cancello si aprì e il veicolo si avviò, a passo d’uomo, verso di esso.
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