26 febbraio 2011
Tales To Astonish #1 - NEBBIA
Nonostante la nebbia lo uscire lo stesso. La densità non faceva vedere l’altro lato della strada, ma l’illuminazione cittadina garantiva un minimo di visibilità, e nonostante le luci arancioni contrastassero con il grigio della nebbia che si era infiltrata tra i palazzi in una colorazione un pochino sinistra, potevo procedere sicuro sui marciapiedi, in mezzo ai pali della luce, di fianco alle automobili parcheggiate, alla desolazione di un quartiere residenziale quando il buio cala prima di cena. Arrivai sotto ad lampione spento, la lampadina probabilmente aveva deciso di lasciarci. Entrai in questo cono di oscurità, affrettando il passo con la testa bassa, un po’ per il freddo, un po’ per l’urgenza della mia commissione. Nel silenzio quasi assordante, potei udire il ritmico suono dei miei passi a cui fece eco un simile suono sopraggiungere da opposta direzione. Alzai lo sguardo per guardare chi fosse l’altro sventurato ad aggirarsi nel buio come me, ma vidi solo una figura scura, con il cappuccio del giaccone alzato a nascondergli il volto. Ci incrociammo lasciandoci alle spalle reciprocamente, quando i suoi passi, improvvisi, cessarono. Sorpreso da tale silenzio, mi voltai, e non lo vidi più. Intorno a me solo nero e grigio. Non vedevo più la luce dei lampioni precedenti e successivi a quello sotto cui mi trovavo. Al di là della nebbia, non c’erano più le sagome inanimate che potevo vedere prima. Venni preso dal panico, provai a tornare indietro, correndo, ma inciampai su qualcosa, e dovetti sforzarmi per restare in equilibrio. Il tragitto percorso di corsa doveva essere stato superiore a quello fatto a piedi, perché non ero tornato all’illuminazione?
Capii in quel momento che non c’era più marciapiede, non c’era più strada, non c’erano più automobili nè panchine. Mi trovavo solo in una semioscurità grigia, su una strada di cemento che non potevo intendere quanto fosse lunga e quanto fosse larga. Provai ad urlare, a chiamare l’estraneo incrociato prima, ma non ottenni nessuna risposta. Nel girarmi per guardarmi intorno, non capivo più dove mi trovassi: avanti, indietro, destra e sinistra non avevano più senso.
Tirai fuori il cellulare di tasca, trovandolo spento. Premetti il tasto di accensione, senza avere risposta. Guardai l’orologio: la lancetta dei secondi scorreva al contrario, quella dei minuti stava ferma, e le ore proseguivano nel loro senso a velocità eccessiva. Il viso si avvampò e iniziai ad urlare.
Il panico scemò dopo non saprei dire quanto tempo. Capii di dover prendere una decisione. Restare fermo sperando che la nebbia si diradasse? Sarei morto di freddo. Presi a camminare, in una direzione a caso, tanto ormai nulla aveva più senso. Proseguii così per minuti, ore, giorni? Non avevo nessun riferimento che potesse indicarmi il tempo o lo spazio, se non l’aumentare della mia stanchezza e della mia angoscia.
Sentii dei passi, affrettati, alla mia sinistra, che venivano in mia direzione. Qualcuno a cui chiedere aiuto… stavo per aprire bocca per chiamarlo, quando ebbi paura. Se fosse stato un malintenzionato? Una creatura inviata da questa nebbia con l’intento di rapirmi? Alzai il cappuccio, sprofondandoci dentro il capo. Proseguii in direzione opposta ai passi, sperando di essere abbastanza distante da chi li emetteva, da poter scomparire nel grigio e non essere visto. Il suono di quei passi raggiunse la massima vicinanza, per poi sparire di colpo. Non mi voltai a guardare, proseguii diretto. La luce dei lampioni, gradualmente tornò. Tutto intorno a me, si ridefinì. Anche l’intensità della nebbia scemò. Mi ritrovai davanti al distributore automatico della tabacchiera, mia originale destinazione. Riconobbi la piazza centrale del mio paese, e tirai un profondo sospiro di sollievo. L’orologio segnalava quindici minuti in più rispetto a quando uscii di casa: un tempo plausibile per percorrere quella distanza. Telefonai a casa, rispose mia figlia, chiedendomi il perché di quella chiamata con quel tono sconvolto. La rassicurai prima di chiudere la conversazione. Per tornare indietro feci una strada diversa, e arrivai a casa tranquillo.
Il giorno dopo, tutti parlarono di un ragazzo uscito a imbucare una lettera, e mai più tornato a casa. Nel suo tragitto, calcolai che passò sotto allo stesso lampione da cui passai io.
- L'AUTORE VIETA LA RIPRODUZIONE TOTALE O PARZIALE DEL TESTO SALVO PERMESSO -
(e puppatelo!)
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1 commento:
bella, complimenti Simo!
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