31 dicembre 2014

ultimo dell'anno....


No, la mia festa non sarà così ma pazienza.
Quest'anno sono andato a vivere da solo,
non ho cambiato xxxxx
non ho cambiato xxxxxxxxx, si è allargata, ma non è stato un bene.
non ho fatto ferie (scelta),
non ho ripreso a nuotare "seriamente" (circorstanze),
ma per lo meno ho cercato di tirarmi fuori dalla stessa schifezza in cui sto. Che forse non è così schifezza. È "pena", c'è chi sta peggio di me. Ma anche chi sta meglio. Di solito si cerca di puntare alto... proverò sempre a fare così. Se non va... i mezzi a disposizione sono quelli. Io ci provo, non potete farmene una colpa.

30 dicembre 2014

I miei ragguardevoli capodanni

... o capidanno?
... o capidanni?
... o chissenefrega?

V era particolarmente amica con P, A, e M (quest'ultima donna, gli altri due uomini). I quali la invitavano tutte le volte che c'erano feste od occasioni particolari. Cioè, per uscire una sera normalmente a bere qualcosa no, zero, manco a parlarne. Ma se c'erano compleanni, anniversari, festeggiamenti allora sì.
Ebbene, correva l'anno 1999 e volevi mica che passasse il capodanno tra il 1999 e il 2000 da sola, no?
Quindi bisognava invitarla!!!! Ma... lei non abita nel nostro paesello, abita in un altro! Bisogna andarla a prendere! E riaccompagnarla! Vabbè, chiediamo a SimOwen (credo sia la prima volta che scrivo il mio nick qui dentro, dopo 8 anni quasi 9, fa strano), che lui è sempre disponibile, e si sa, con 'sta V c'ha pure avuto dei trascorsi. 
Fatto sta che SimOwen dice: "Va bene, vado a prenderla io V", pensando anche chissà che magari a capodanno è la volta che...
SimOwen va a prendere V insieme a P. V saluta P,  ringrazia P, parla con P, sale alla festa. 
Se ne sta tutto il tempo a parlare con M. A mezzanotte fa gli auguri a P, M ed A. Che comunque non erano gli unici invitati alla festa, eh!
Arriva l'ora di portarla a casa. SimOwen la accompagna insieme ad A (...). V parla con A, malmostoso come sempre, ringrazia A, malmostoso come sempre, nota che A è malmostoso (come sempre), chiede ad A cos'abbia che non vada. Lui, malmostoso come sempre, dice niente, e si fa portare a casa da SimOwen.

Passano due mesi circa, siamo a fine febbraio. C compie gli anni... bisogna invitare V!!! Ma... lei non abita nel nostro paesello, abita in un altro! Bisogna andarla a prendere! E riaccompagnarla! Vabbè, chiediamo a SimOwen (ormai mi sono autoabituato al suono del mio nickname).
"SimOwen, puoi andare a prendere V per il compleanno di C?", chiede P.
"No" risponde SimOwen pacato, calmo, tranquillo.
P fa una faccia strana, ma finisce lì (o così sembra).
Alla sera della festa, nella tavolata della pizzeria, c'è una sedia vuota. L (fidanzata del festeggiato) la nota subito e gli chiede: "Chi è che ti ha tirato il pacco?"
"Eh" risponde lui con rammarico, "Quella mignotta di  X. Xxxxxxxx".
P lo sente, e scatta subito: non può lasciare l'onore della sua amica indifeso:
"È stato SimOwen che non è voluto andare a prenderlo" disse indicando l'accusato con il dito.
"E comunque V è di Xxx Xxxxxx e non X. Xxxxxxxx ", puntualizza pure, perché tutti i puntini fossero sulle I. Non capisco perché non abbia anche detto che non è una mignotta, non di professione,  non all'epoca,
per lo meno, ma vabbè.
A questo punto, stizzito, SimOwen con una leggera staffilata degna della miglior Trillini (tirava ancora di scherma, all'epoca, giusto?) risponde:
"Raga, è amica vostra, non mia, andatela a prendere voi".
P rimane a bocca aperta. SimOwen capisce che è il momento di affondare e portare a casa la vittoria:
"A capodanno sono andata a prenderla, l'ho riaccompagnata, non mi ha detto grazie, non mi ha parlato per tutta la serata, forse non mi ha nemmeno fatto gli auguri. È amica vostra, andatevela a prendere voi".
P è annichilito e senza dire niente se ne torna al suo posto.
"Il cameriere ha portato il dolce", è stato il suo unico commento.

20 dicembre 2014

Al lavoro come a scuola? Forse peggio (Azzurro Impiegatizio, ma no, non è un racconto stavolta)

non è andata proprio così ma il senso è quello
L'altra notte ho fatto un sogno che mi ha lasciato uno strano senso di disagio. Ci ho riflettuto e ho capito perché.
Stavo spiegando, seduto al banco di scuola (!) con dei giocattoli (!) come funziona la tassazione iva ad una collega. Ad un certo punto arriva tutta incazzata il suo capo (è una donna, quindi dovrei scrivere "capessa", ma sembra che l'italiano non preveda questa parola, e che "capa" sia un'altra cosa) che mi ruba i giocattoli e mi urla contro:
"Il tuo è un lavoro consultativo" mi dice, "Dovresti fare la tua parte e non sorpassare gli altri".
Dopo un secondo di esitazione le rispondo, puntandole contro il dito:
"Ciccia, sto facendo una cosa che avresti dovuto fare tu tanto tempo fa".
Lei sobbalza, trattiene un singhiozzo e scappa  via con un'espressione a metà tra l'incazzata e il pianto.
Invece di svegliarmi soddisfatto per questa piccola vittoria onirica, mi sentivo a disagio.
Ho ripercorso il sogno e ho capito cos'era a infastidirmi: oltre ai giocattoli usati per la spiegazione, a non c'entrare nulla con il mondo lavorativo era l'ambientazione. E sì, perché oltre al banco, a essere "di scuola" era proprio tutta la "scenografia". Ricordo una scrivania, forse una lavagna. E il colore dei muri e la forma della stanza e delle finestre era molto simile a quella della mia scuola delle superiori. Magari con una passata di vernice fresca, ma era proprio quella.
Così, mentre facevo colazione, e mi lavavo i denti, e mi vestivo per andare al lavoro, ho riflettuto  a riguardo e ho raggiunto una conclusione che mi ha colpito come una sorta di fulmine:
la gente che ho conosciuto durante gli anni di scuola non era stupida (immatura, superficiale, disturbata, insulsa) come quella che ho conosciuto nel mondo del lavoro. E quelli di allora erano adolescenti, quelli di oggi - si presume - adulti. 
Forse sono io a essere maturato per strada (spero...), ma gli altri? Sono rimasti lì? Non sto dicendo che TUTTI i miei colleghi, presenti, passati recenti e remoti e futuri lo siano... ma buona parte. Molti. La quasi totalità. Chiariamo: tutti abbiamo una certa dose di menate, manie, paranoie (idiosincrasie?), fa parte dell'essere umano, ma sul mondo del lavoro ho trovato troppe persone disturbate TROPPO 
.

16 dicembre 2014

Jules Not Jude - Tuesday




C'è questa usanza di far aprire i concerti a gruppi "minori" rispetto agli artisti che si dovranno esibire. A volte cosidetti "minori" non si rivelano essere tali né in senso assoluto né in paragono a coloro cui fanno da apripista.
Così, di recente (taccio il nome di coloro che me li hanno fatti "scoprire") ho conosciuto questi giovini rockettari interessantissimi, assolutamente italiani, ma che cantano in inglese.
Che storia.

15 dicembre 2014

TtA #35 - Non È Facile Essere Come Gianni (Azzurro Impiegatizio)



in questo numero effetti speciali a go go

Pedro lavorava all’ufficio personale della Tafazzi Inc, ormai da cinque anni. E occupando quel ruolo, volendo o meno, scopri tante cose dei colleghi. Quelli che al rientro dalle feste si mettono regolarmente in malattia, quelli che prolungano le ferie di un paio di giorni perché “il volo è stato sospeso”, quelli che “il bambino è stato male” e riuscivano a farsi il ponte anche se il loro capo non gli aveva dato il permesso, quelli che le mattine dopo la partita arrivavano sempre in ritardo, quelli che il venerdì trovano la scusa per uscire prima. Una cosa curiosa erano le visite mediche: quelli che ne facevano tre all’anno sempre nel mese di marzo, quelli che il dentista sempre prima dell’estate, quelli che sembrano feticisti dell’esame del sangue, manco volessero le braccia come gruviera… e il tipo più curioso di tutti: Gianni. Lavorava alla Tafazzi Inc. da diversi anni. I colleghi più anziani dicevano che quando arrivò lì, aveva già i capelli bianchi, l’andatura caracollante e quegli improvvisi tic che lo contraddistinguevano. “Sindrome di Palton-Parker” diceva lui. E lo dicevano anche i documenti che aveva presentato al momento dell’assunzione, firmati dal Dottor Raspotti dell’Ospedale Della Santa Pazienza. Attestavano la sua invalidità parziale e l’assunzione come categoria protetta. Gianni passava il giorno facendo quello che poteva, con la massima calma: smistava la posta (che raramente finiva al destinatario) e la cancelleria (ma quasi sempre mancava qualcosa nell‘inventario), sistemava le lancette degli orologi nei passaggi da ora legale a solare e viceversa (sempre cinque minuti avanti),  andava a prendere gli ospiti (meglio se belle donne) in stazione e li accompagnava in albergo (sì, stranamente con tutti i problemi che aveva, poteva guidare), potava la siepe dell’azienda (questo gli riusciva bene). Faceva anche piccole commissioni: acquistava le batterie per gli orologi da muro, la carta e i toner per le stampanti, comprava quei piccoli attrezzi che potevano servire sul lavoro. E chiedeva sempre, prima di uscire, se qualcuno volesse qualcosa: brioche, gelati, ghiaccioli, una pizzetta… Ma no, non andava mai in banca, in posta, a comprare bolli e francobolli. Non si può pretendere tutto. Per le cose urgenti muovi il culo tu. E guai a parcheggiare la macchina di fianco alla sua: non voleva, dava di matto, ti rompeva le scatole finché non la spostavi. Il parcheggio interno dell’azienda aveva sempre un posto libero. Quello di fianco al suo.
Un tipo strano, Gianni, forse per colpa della sindrome di cui soffriva. Una sindrome molto rara, a quanto pare. Talmente rara che quando Pedro per curiosità la cercò su internet, non trovò nulla. Così, con il massimo delle buone intenzioni, e per poter capire meglio le esigenze del collega, gli parlò di questo fatto. 

Lo incontrò sulle scale, un martedì mattina. Forse mercoledì, non lo ricorda più nemmeno lui. Però era certo fossero le undici o giù di lì. Pedro era un abitudinario, scendeva sempre a bere il caffè a quell’ora, a metà mattinata (così come prendeva il latte macchiato nel pomeriggio alle 16.00).
“Ehilà, Gianni” gli disse, “Come stai?”.
“Eh, ho avuto una nottataccia” rispose lui, “Non riuscivo a dormire. Mi agitavo, scalciavo, mia moglie si è pure incazzata. E lo sa che c’ho sta malattia, che s’incazza a fare?” gli disse come se stesse chiedendo po’ di compassione.
“Deve essere terribile” disse l’altro, “Vuoi che ne parliamo davanti ad un caffè?”.
“Eh, si, dai, bravo, offri tu” rispose l’altro.
Si avviarono giù per le scale, mentre Gianni continuava a ripetere come fosse fastidiosa la “sua malattia”, come lo facesse dormire poco e male, “la sua malattia”, come gli desse un sacco di problemi in famiglia “la sua malattia”. Arrivati a metà delle scale, Pedro notò che non barcollava poi tanto. E che aveva in mano un martello probabilmente per  appendere, come d’abitudine, qualche certificato ottenuto dall’azienda, o qualche diploma di corso di specializzazione conseguito da un collega.  
“In effetti è strano” pensò tra sé Pedro, “Che con tutti i tic che ha riesca a martellare come si deve. O a potare la siepe alla perfezione”.
Decise di arrivare al punto:
“Senti, ma questa ‘malattia’, che poi sarebbe una sindrome, che ha tu…”
“La Palton-Parker” disse Gianni sospettoso.
“Ecco, esatto, così per curiosità, l’ho cercata su internet, ma non ho trovato nulla: esattamente, che cazzo fa?”.
Gianni sobbalzò, sbiancò in volto, sembrò quasi scattare verso Pedro, quando, poggiando un piede male, si sbilanciò e cadde rovinosamente giù per le scale, fino a ruzzolare ai piedi della reception.
“Oddio, Giannni!” urlò Miriam, la receptionist, “Gianni è caduto, chiamate i soccorsi!”.
Marta, addetta al pronto soccorso si fiondò di corsa fuori dal suo ufficio.
“SignorGiannirestifermolapregononmisembraunacosagravamadobbiamochiamarel’ambulanza”.
Anche Allan, Karson e il Sig. Tafazzi in persona uscirono di corsa dall’adiacente sala riunioni, 
“Si è fattto male?” chiese l’amministratore della società.
“No, no, sto bene, lasciatemi in pace” disse Gianni rialzandosi.
“SignorGiannirestifermosisiedasullapoltroncinaprendaunbicchierd’acquachiamiamol’ambulanzasubitissimo!!!” si premurò Marta.
Allan e Karson aiutarono Gianni a sistemarsi in sala d’attesa, di fronte alla reception e dal lato opposto della sala riunioni. Il Sig. Tafazzi si sincerò che la centralinista avesse chiamato il Pronto Soccorso.
“Saranno qui a minuti” lo rassicurò lei.
“Meno male che posso contare su di lei, signorina, il signor Gianni è categoria protetta, bisogna stare attenti quando succedono queste cose, sa…”.
Il pippone dell’amministratore fu bloccato dall’arrivo della Croce Rossa.
Miriam, prontamente indicò la sala riunioni. I due barellieri e un terzo assistente entrarono senza indugi per visitare il povero Gianni. Questi li spintonò violentemente:
“No, lasciatemi stare, non vi voglio, andate via!!”.
“Oh no, sta opponendo resistenza!” disse Tafazzi prendendo il telefono della reception, “Ora ci tocca chiamare i Carabinieri!” aggiunse componendo il numero con solerte prontezza.
“No, non chiami i Carabinieri, signor Tafazzi, sto bene!”.
“Ma non posso non chiamarli, sa, la legge!”.
“No, ma io non voglio, sto bene, mi sono rialzato!”.
“Su, non sia sciocco!” cercò di convincerlo Karson, con la sua parlata a scatti. “Meglio andare sul sicuro in questi casi!”.
“No, ma io non ho niente!”.
“SignorGiannifacciailbravosonoiol’addettaalprontosoccorsoleassicurocheèquestalaprocedura!” aggiunse Marta.
“No, sto bene, rimandateli a casa, tutti!”.
Dopo pochi interminabili minuti, due agenti furono sul posto.
“No, io i Carabinieri non li voglio, non ci vengo, lasciatemi stare!” insistette Giannni
Nonostante le proteste, l’uomo alla fine fu portato in ospedale per accertamenti.

La mattina dopo Pedro entrò in sala mensa per riporre il proprio pranzo in frigorifero. Lì, incontrò Miriam e Laura.
“Pedro, vieni qua” lo chiamò la prima.
“Sì?”.
“Ieri Laura non c’era, era andata via con Marco, e le stavo raccontando cosa è successo”.
“Riguardo a Gianni?”.
“Sì”, disse Laura, “Deve essere stato un bel casino convincerlo a…”.
Pedro sospirò.
“Cosa c’è? Perché quella faccia?” gli chiese Miriam.
“Ieri sera mi sono fermato fino alle 19.00 passate per finire alcune archiviazioni. Ho sentito il Tafazzi che parlava nel suo ufficio col Kerson… avevano la porta chiusa male e ho potuto origliare.
L’ospedale ha fatto degli accertamenti: la sindrome di Palton-Parker, di cui Gianni diceva di soffrire, non esiste!”.
“Cosa?” urlarono le due colleghe in contemporanea.
“Esatto: i documenti della malattia erano fasulli! L’ospedale ha quindi avvisato i carabinieri, che dopo una rapida ricerca l’hanno riconosciuto: Gianni Carappolo, già arrestato per contraffazione negli anni ‘80,  per piccole truffe negli anni ‘90, per falso in bilancio nel decennio scorso e ora aggiunge alla sua fedina penale, il reato di falso invalido”.
“Allora era per questo che ieri non voleva farsi visitare” disse Miriam.
“Certo: temeva che se dei dottori seri lo avessero visitato, avrebbero scoperto l‘inganno!”.
“Quindi state dicendo che per tutti questi anni…” chiese Miriam.
“Già” risposero Laura e Pedro in coro. “Ci ha turlupinati alla grande”.




14 dicembre 2014

L'Officina Della Camomilla - Live Magnolia 13-12-2014

E così abbiamo conosciuto anche questi tizi.
Cinque giovanotti milanesi (presumo: citano Ortica, Piola, il Bingo di via Washington...), con una passione per le lavatrici e avversione per naziskin e skinhead.
Cantano, con testi che potrebbero insegnare qualcosa ai migliori esponenti dell'ermetismo, il disagio e la ribellione giovanile e suonano alla grande (tra l'altro debbo ricredermi sul fatto che le donne non sappiano suonare la chitarra elettrica perché lo strumento è troppo pesante).


nessuno ha (ancora, almeno) messo su youtube alcun filmato, quindi vi tocca sorbire la mia ripresa assolutamente scadente...

bassista-cantante/chitarrista-chitarrista2

chitarrista2-tastierista

05 dicembre 2014

TtA #34 - Memorie di un aspirante suicida

Special Guest Star: Jacoby 




Se ne stava sul divano del suo monolocale a guardare la televisione con accesa la luce dell’aspiratore dei fornelli. La preferiva a quella del lampadario perché era più calda e non rifletteva sulla superficie dello schermo. Non aveva ancora sparecchiato la tavola: dopo cena gli piaceva godersi quel momento di relax e rimandare a dopo le incombenze domestiche. Sul bordo del lavello c’erano pure i cocci di vetro accatastati in quello che restava del bicchiere che aveva rotto poco prima. L’avrebbe buttato con calma, più tardi. Lenta e progressiva, gli arrivò l’attrazione per quella superficie tagliente, la voglia di passarsela sui polsi e farli sanguinare, e lasciarsi andare lì, sul divano, di fronte al notiziario delle 20;00.
Tempo addietro, aveva provato un’attrazione simile per il vuoto. Salire più in alto possibile, guardare in giù il cemento, lontano e indefinito, e lasciarsi andare. Si immaginava come poteva essere la caduta, l’accelerazione gravitazionale, l’attrito con l’aria, l’impatto con il suolo. Era abbastanza in alto da morire sul colpo? Oppure avrebbe agonizzato tra atroci dolori, visto da nessuno? Oppure il solito scocciatore sarebbe riuscito a chiamare un‘ambulanza che gli avrebbe salvato la vita lasciandolo storpio o vegetale per sempre?
Queste cose gli succedevano durante i così detti “periodi no”. E quello attuale era uno di essi, sempre più frequenti, più difficili da affrontare. Questa volta c‘era di mezzo una ragazza, per la cronaca. Come al solito si era tenuto tutto dentro e la cosa non lo aiutava. Certo, a parlarne, non cambiava molto: anche quando provava a confidarsi, pochi lo prendevano sul serio. Non sapeva se e quante persone lo capissero davvero E da qui nasceva il timore più grande: che nemmeno di fronte ad un gesto del genere ne avrebbero capito il perché.
Pensava che per sviare a ciò la soluzione potesse essere un incidente stradale. Saliva in automobile, e proseguiva ad andatura regolare per la sua strada. Non troppo veloce ma nemmeno troppo lento. Sperava che qualcuno, ad una rotonda o a un incrocio, non rispettasse la precedenza e lo travolgesse. O che qualche disgraziato non si fermasse a un semaforo rosso e gli andasse addosso. Magari un qualche sorpasso scellerato: un veicolo che spunta improvviso nella tua corsia, e giù un bel frontale.
A torturarlo ulteriormente, la parte della sua mente che si ostinava a restare lucida: gli diceva che il suicidio non era la risposta al problema, e si chiedeva da dove nascessero tutte quella angosce. Depressione? Forse ereditaria, ne soffriva qualcuno tra i suoi nonni. Esaurimento nervoso? Non erano quelli i sintomi. Disturbo mentale dovuto a qualche trauma infantile rimosso? Forse sentire uno psicologo gli avrebbe fatto bene.
Il telegiornale finì, si alzò, lentamente, sparecchiò e lavò i piatti, sempre sotto alla luce dell’aspiratore. Chiuse il sacchetto dell’umido, e lo abbandonò sul pianerottolo per portarlo giù all’indomani, alla faccia dei vicini che si sarebbero lamentati. Gli scappò un sorrisetto, che si allargò piano piano fino a scoppiare in una risata. “Che persona squallida sono“, si disse, “Se trovo gioia in queste piccole carognate“. Gli scappò l’occhio sul bicchiere rotto e i suoi cocci. Li buttò nel raccoglitore del vetro. Lo avrebbe gettato venerdì sera. Quando sarebbe uscito con i suoi amici (noiosi) a bere birra scadente nel solito bar scelto per via dei prezzi bassi. Almeno quattro risate le avrebbe fatte, e magari gli avrebbero fatto passare… quello che aveva. Si concludevano sempre così dopo i “periodi no”. Quattro risate, quattro cazzate, un bicchiere e passa tutto.
“Che persona squallida sono“, pensò di nuovo. Decise di andare a letto, mettere su un po’ di musica jazz dalla compilation comprata qualche giorno prima e dormirci sopra. Da venerdì gli sarebbe sembrato tutto meno brutto.

02 dicembre 2014

COLD PLAY - Violet Hill




Was a long and dark December
From the rooftops I remember
There was snow, white snow

Clearly I remember
From the windows they were watching
While we froze down below

When the future's architectured
By a carnival of idiots on show
You'd better lie low

If you love me
Won't you let me know?

Was a long and dark December
When the banks became cathedrals
And the fog, became God

Priests clutched onto bibles
Hollowed out to fit their rifles
And the cross was held aloft

Bury me in armor
When I'm dead and hit the ground
My love's opposed but unfolds

If you love me
Won't you let me know?

I don't want to be a soldier
Who the captain of some sinking ship
Would stow, far below

So if you love me
Why'd you let me go?
I took my love down to violet hill
There we sat in the snow
All that time she was silent still
So if you love me
Won't you let me know?
If you love me,
Won't you let me know?


27 novembre 2014

Recensioni - NIRVANA (FUMETTO)



Quando Nirvana apparve nelle edicole, non lo seguii, nonostante l'interesse che suscitava l'idea, perché non avevo tempo/soldi per stare dietro a un'altra serie. Pieno di aspettative, ho acquistato il balenotteropubblicato di recente con la ristampa "della prima stagione" (i primi 6 numeri) e me lo sto leggendo in questi giorni - l'ho quasi finito.
No, nel complesso non mi sta piacendo: gratuitamente volgare (il coniglio e la vecchietta... il testicolo nell'occhio del boss mafioso... lui che si piscia addosso a testa in giù...) ,  aspetti satirici trattati superficialmente (i commentatori a bordo campo... il grande fratello... e quelli contro la chiesa cattolica, che ormai sono così tanti e comuni da non risultare nemmeno più originali) e trovate che, al massimo, fanno sorridere.
Forse è colpa mia che non conoscevo gli autori e mi aspettavo una sorta di Rat-Man 2 (con le dovute differenze non supereroiche).



Il protagonista ramiro mi piace poco o nulla. Si perde nelle sue farneticazioni. Con la stessa fatica che fa a crearle avrebbe potuto frequentare l'actors studio's e diventare un grande attore.

Al contrario, i comprimari, sono da salvare.
Cristy rappresenta la ragazza media moderna superficialotta con le sue paranoie e nevrosi che scarica addosso al fidanzato che più che altro le serve come status simbol (non a caso con lui parla sempre delle sue amiche e dei loro fidanzati....).
È un personaggio da tavola comica su qualche settimanale/mensile (magari femminile, un po' di autoironia non fa mai male).

Anche Slobo e Golem non sono male, e potrebbero avere fortuna da soli.

Ill fumetto nell'insieme, per il mio gusto personale, assolutamente bocciato.



26 novembre 2014

Samantha Cristoforetti

Come saprete "abbiamo" (nel senso che il mazzo per studiare e addestarsi se l'è fatto lei, ma quando succedono queste cose chissà come mai tutto il Paese si unisce, si sente orgoglione e se ne vanta) mandato un'astronauta (con l'apostrofo, quindi DONNA) nello spazio. Se da una parte tutti contenti, dall'altra si sono registrate una serie di battute tipo "non fatela parcheggiare sennò riga l'astronave", "dov'è la cucina?", "andar via dall'Italia, non stai forse esagerando?" e così via... ovviamente per certe battute subito le pseudofemministe (nel senso: tutte quelle signorine che sono state lasciate dal fidanzato o che prendevano brutti voti a scuola o che non hanno ricevuto una promozione al lavoro e che danno la colpa di tutti i loro mali ai maschi) hanno subito urlato al maschilismo, alla discriminazione, al sessismo eccetera.
Io dico solo tre cose:
1) anni fa ci già  un astronauta (senza apostrofo, quindi UOMO) italiano ad andare (e tornare) dallo spazio, ma non ci fu tutto questo can-can mediatico, nel bene o nel male
2) un po' di autoironia, cazzo!
3) in concomitanza con il mio POST DI IERI, celebriamo la signorina dedicandola una canzone





Dice "Scusa, scusa senti
potrei passare avanti
La fila è lunga e io non posso aspettare"
Dico "Prego, prego faccia
lo so, una giornataccia
la pioggia, il traffico e le scadenze del mese"

"Diamoci del tu" mi dice lei
"Io mi chiamo SamantHa"
Io le do la mano e intanto penso
"Madonna quantHa!"

Sta' zitto non parlare
Sta' zitto non parlare

Calmo, calmo adesso
stai diventando rosso
Ma c'è qualcosa in lei che mi incantHa 
Sarà magari il nome SamantHa 

Fingi e fai melina
anche se lei è carina
Chissà se dorme dalla parte giustHa
Se per la dieta può mangiare pastHa 

Però, lo vedi, tutto va così
prevedibilmente
a studiare tattiche che poi
non ce ne importa niente
Anche l'amore in fondo fa così
identico all'istinto
la stessa strada inutile
ma in modo anche più lento

E' tutto inutile
E' tutto inutile
E' un gioco inutile
Cambiano le regole
ma non serve a niente vincere

Sta' zitto non parlare
Sta' zitto non parlare
Sta' zitto non parlare

Ma c'è qualcosa in lei che mi incantHa
Sarà magari il nome SamantHa
Chissà se dorme dalla parte giustHa
Se per la dieta può mangiare pastHa

Gli amori io non li conosco bene
però ne ho visti tanti
tutti orribili alla fine
ma all'inizio entusiasmanti
E le passioni le conosco bene
che ancora porto i segni
per l'abitudine sciocca che ho
di credere ai sogni

E' tutto inutile
E' un gioco inutile
E' sempre inutile
Puoi solo perdere
Cambiano le regole
ma non serve a niente vincere

E' tutto inutile
E' tutto inutile
e non serve a niente vincere


Daniele Silvestri - SAMANTHA (da youtube)

25 novembre 2014

FABI GAZZÈ SILVESTRI - Forum Assago - 24.11.14

Grazie al regalo di compleanno, ho potuto giuoire di un gran bel concerto, in una gran bella location (questa volta ero un po' lontano dal palco, ma pazienza), era la prima volta che assistevo a uno spettacolo in un palazzetto (per me, sempre locali all'aperto o club piccini picciò).
I tre cantautori romani (li mortacci loro) si uniscono per un tour dove promuovono l'album fatto insieme e ripercorrono le loro ventennali carriere, oltre a sponsirizzare mediciconl'africa .





questa la conoscevate GIà, ma è quello che ho trovato su youtube a 12 ore dalla fine del concerto...




questo invece è un classicone degli altri due signori che organizzavano il tutto.


I tre(ttrè) erano un po' lontani, ma si vedevano bene gli spettacoli di luci. nella seconda parte del concerto poi hanno pensato bene di proiettare sulo schermo alle loro spalle le riprese del concerto (invece dei ghirigori coreografici) e così abbiamo potuto vedere I loro faccioni.

all'inizio sul palco c'era un cubo, che si è aperto e sono usciti loro 3 (con chitarra elettrica, acustica e basso) e hanno iniziato con ALZO LE MANI, seguita da una canzone a testa di ciascun cantante (rigorosamente alternate in ordine alfabetico).
poi sul palco è apparso un lenzuolo dietro a cui si vedevano le ombre di tizi con strumentazione varia in controluce. il telo è stato tolto e hanno presentato il resto della band.
hanno fatto 4 canzoni del disco in commune, ma principalmente era un alternarsi di loro canzoni con vari  amarcord del loro passato in commune.

su IL MIO AVVERSARIO gazzé (ladre) e fabi si sono messi la mantellina da pugile e hanno storpiato alcune loro vecchie canzoni per inscenare un finto incontro di box con silvestri che faceva da presentatore/arbitro (non ha potuto esimersi da infilare LE COSE CHE ABBIAMO IN COMUNE, cosa che di riffa o di raffa fa sempre)

hanno anche lasciato un momento per presentare il lavoro della onlus che supportano con questo tour

hanno fatto solo due bis, concludendo con IL PADRONE DELLA FESTA


LA GRANDE MUSICA ITALIANA AL CUBO


13 novembre 2014

Fronte & Retro #28 - Krysten Pyles (sopra e sotto?)




No, niente, era tanto che non postavo più in questa rubrica, così ho pensato di...
Non so chi sia (vabbè; una modella di playboy), non ricordo come sono arrivato a trovare le sue immagini... però, oh, non penso vi dispiacerà...

10 novembre 2014

IL TOPIC DEL COMPLEANNO (due giorni in ritardo)



Ogni anno, ogni 8 Novembre, mi inventavo qualcosa per (auto)festeggiare. Quest'anno ho mancato l'appuntamento, un po' perché non ero propriamente in modalità festaiola, un po' perché non sapevo cosa invenatarmi, un po' perché sono stato preso da festeggiamenti ed eventi di vario tipo.
Quindi, preannunciando una rubrica (l'ennesima?) che avevo in mente, eccovi come, negli hanno scorsi ho provveduto a celebrare:

2013: nati l'8 Novembre

2012: David Bowie - Never Get Old

2011: 34 (con due fagiane)

2010: niente!!!

2009: angurie (immagine rimossa: c'erano delle tipe che si coprivano le zinne... con delle angurie)

2008: a novembre  (in ritardo: postato il 14)

2007: noi, nati negli anni '70

2006: niente!!!



30 ottobre 2014

MODERN FAMILY - fossi come Dracula...


Per capirci; il Dracula di Bram Stoker (che vi avevo già detto essere nato il mio stesso giorno) aveva tre amanti: una "milf" (che per essere stato scritto nell''800 era avanti!), una "teen" (alla soglia della pedofilia, ma vabbè) e una "normale" (né troppo giovane, né troppo vecchia... categoria cui si dovrebbe trovare un nome, ma vabbè).
Ecco: fossi come Dracula (anche se, come sapete, ai vampiri preferisco i licantropi), queste sarebbero le mie tre mogli.

19 ottobre 2014

CANZONI DISEGNATE: I Am The Walrus dei Beatles

Notiamo una piccola discrepanza tra il testo e la nuvoletta


I am he as you are he as you are me
And we are all together
See how they run like pigs from a gun see how they fly
I'm crying

Sitting on a cornflake waiting for the van to come
Corporation teeshirt, stupid bloody Tuesday
Man you been a naughty boy. You let your face grow long
I am the eggman, they are the eggmen
I am the walrus, goo goo goo joob

Mister City Policeman sitting, pretty little policemen in a row
See how they fly like Lucy in the sky, see how they run
I'm crying, I'm crying
I'm crying, I'm crying

Yellow matter custard dripping from a dead dog's eye
Crabalocker fishwife pornographic priestess
Boy you been a naughty girl, you let your knickers down
I am the eggman, they are the eggmen
I am the walrus, goo goo goo joob

Sitting in an English garden waiting for the sun
If the sun don't come
You get a tan from standing in the English rain
I am the eggman, they are the eggmen
I am the walrus, goo goo goo joob goo goo goo goo joob

Expert textpert choking smokers
Don't you think the joker laughs at you? (Ha ha ha! He he he! Ha ha ha!)
See how they smile like pigs in a sty, see how they snied
I'm crying

Semolina pilchard climbing up the Eiffel Tower
Elementary penguin singing Hare Krishna
Man you should have seen them kicking Edgar Alan Poe
I am the eggman, they are the eggmen
I am the walrus, goo goo goo joob goo goo goo joob
Goo goo goo joob goo goo goo joob
Goo gooooooooooo jooba jooba jooba jooba jooba jooba
Jooba jooba
Jooba jooba
Jooba jooba

15 ottobre 2014

Giorgio Rebuffi R.I.P.

È morto Giorgio Rebuffi


Quando ero piccolo e c'erano in giro meno internet, computer e televisioni, le edicole traboccavano di fumetti e riviste. Tra i primi, oltre ai classici Topolino, Giornalino e Corriere dei Piccoli, ce n'erano tanti altri dedicati a personaggi "minori", magari con una storia editoriale altrettanto o più lunga di quelli sopra citati, ma che, chissà perché, non sono mai passati agli onori delle grandi cronache. Tra di essi, ero particolarmente affezionato a due in particolare: Tiramolla, figlio del caucciù e dell a colla, e Pugacioff, il luposki della stepposki (o qualcosa di simile). Nella mia infanzia erano le così dette letture "estive", quelle che consumi in montagna o al mare quando il tempo libero è molto di più.
Ricordo che nella cantina della palazzina della montagna trovammo una cariola piena di giocattoli e fumetti abbandonati. Ovviamente i due personaggi sopra citati si spartivano il podio insieme a Geppo (altro personaggio appartenente a questa particolare "trinità"), ma di lui ne parleremo un'altra volta.
Tiramolla era una specie di "uomo allungabile" che viveva avventure di tutti i tipi insieme a tali Beppe e Cucciolo (il primo sembra Luca di Paolo e Luca), mentre il secondo era una specie di misto tra Wyle E. Coyote e Wolverine e Paperino. Inutile dire che mi faceva morire dal ridere.
I ricordi sono confusi (dovrei recuperare qualche ristampa... anzi, avrei dovuto farlo mooooolto tempo fa), ma sapere della morte del signore che li ha creati e disegnati lascia l'amaro in bocca.
Un altro pezzo di infanzia che se ne va.

13 ottobre 2014

F&R SPECIAL #2 - 24bis - Eva Vica Kerekes

Non abbiamo mai fatto un'appendice a un numero di nessuna rubrica.
Ma in questo caso è dovuto: QUI avevamo fatto una promessa, svelare l'identità della fanciulla nel vestito rosso, e qui la manterremo.
Infatti ho messo sotto torchio per bene i miei soliti informatori, e ho reperito il nome della fanciulla:
ella si chiama Eva Vica Kerekes, una bella slovacca, e il film in cui da mostra di sè è  Muzi v nadeji, temo, inedito in Italia, ma si possono trovare in giro versioni sottotitolate in inglese.

Per completezza, ecco la scena "hot", quella di cui avevo detto:
"guarderò solo questa"
Ebbene, vi consiglio invero di vedere TUTTO il film. O per lo meno le parti con Lei ♥.
Quello che vedete qui può essere considerato un antipasto :-P




e siccome non si fanno le cose a metà:
GALLERY

02 settembre 2014

Premiata Forneria Marconi - Impressioni di Settembre (Live)






Quante gocce di rugiada intorno a me
cerco il sole, ma non c'è.
Dorme ancora la campagna, forse no,
è sveglia, mi guarda, non so.
Già l'odor di terra, odor di grano
sale adagio verso me,
e la vita nel mio petto batte piano,
respiro la nebbia, penso a te.
Quanto verde tutto intorno, e ancor più in là
sembra quasi un mare d'erba,
e leggero il mio pensiero vola e va
ho quasi paura che si perda...
Un cavallo tende il collo verso il prato
resta fermo come me.
Faccio un passo, lui mi vede, è già fuggito
respiro la nebbia, penso a te.
No, cosa sono adesso non lo so,
sono un uomo, un uomo in cerca di se stesso.
No, cosa sono adesso non lo so,
sono solo, solo il suono del mio passo.
e intanto il sole tra la nebbia filtra già
il giorno come sempre sarà.

31 agosto 2014

F&R #27 - Cristina De Pin

In merito a quanto detto QUA, credavate veramente che mi sarei fatto scoraggiare per così poco?
Nonostante la dura botta (è stata dura) dell'addio della fidanzata di Balotelli (l'addio di Balotelli ne sono contento), e non essendo ancora arrivata la sua sostituta convergo su altro elemento degno di nota, nonché moglie dell'attuale capitano. Ancora in convalescenza dall'infortunio che lo ha privato (e ci ha privati) del mondiale. Quindi immaginiamolo a casa, con la mogliettina che si prende cura di lui... invidia!!!!




SITO UFFICIALE

Foto Varie

24 agosto 2014

F&R Special - il numero che mai ci sarà - Fanny Neguesha

Come qualcuno ricorderà, l'anno scorso avevo fatto un F&R di augurio per la stagione 2013/14 del Milan.
Non andò molto bene. Non penso per colpa della protagonista, che scelsi anche come madrina di uno special/crossover con Fd'I per il Mondiale brasiliano.
Precedentemente, ci furono ben due F&R dedicati  a una wag   rossonere: i risultati furono pessime stagione dei mariti/fidanzati, pessime stagioni del Milan, conseguenti cessioni dei giocatori in questione.
Orbene, quest'anno volevo mischiare le due cose e riprovarci (che sia la volta buona, mi chiedevo?) postando l'immagine di cui sotto


e programmando il post per l'inizio del campionato (31 agosto, ore 18;00 che avrebbe fatto molto chic), senonché il superscassaballemarionazionale, proprio in questi giorni, è stato ceduto al Liverpool.
Non mi permetto di sprecare l'immagine, duramente ricercarta, e vi posto un "fuori serie" di questa rubrica, promettendo una sostituta per la data del 31/08.
Non sarà più una sorpresa ma fa niente.

23 agosto 2014

Recensioni e/o riletture: Generation-X, Proposition Player, Turf, La Bara Antiproiettile, Planetary

Estate. Tempo di relax, tempo per fare le cose con più calma, tempo per... rileggere.
Come ogni anno, riprendo in mano materiale che giaceva in libreria da tempo (dai 12 mesi al quindicennio) e mi rimetto a leggerlo con un'ottica maggiormente oculate, grazie sia dal "senno di poi", sia dal "bagaglio culturale" aumentato nel corso degli anni.

Quest'estate è toccato a:



la giornalista ficcanaso e il suo vampiro
TURF 
pur giudicandola una piacevolissima lettura, come ai tempi dell'uscita, ho dovuto notare un paio di difetti: l'alieno viene portato in azione piuttosto tardi (secondo episodio), e gli viene concesso poco spazio. Certo non l'ha aiutato la scelta di non fargli parlare la lingua locale. Le interconnessioni tra la giornalista (che trovo sempre poco sexy, seppur più dell'altra volta) e il mafioso-suo-malgrado sono poche. Di fatto siamo di fronte a due trame che si svolgono in modo perfettamente separato e casualmente si incrociano nel finale. La scelta di cercare aiuto tra i "comuni cittadini" (anche se le prostitute con mitra riecheggiavano le analoghe signorine di Sin City) mi è parsa un po' troppo americana. C'erano di mezzo dei poliziotti corrotti che sono stati (tra l'altro) imbrogliati da uno di loro? non potevano ricorrere alla giusta sete di vendetta di quelli onesti (e alle loro armi e addestramento)
Considerazione leggermente calata ma comunque alta.




Qui invece la considerazione per l'opera resta tale e quale: altissima! Anzi, leggendolo l'ho apprezzato ancora di più e ci sono restato incollato fino alla fine come fosse la prima volta. Un metafumetto che strizza l'occhio ai fan del  supereroismo d'un tempo, e tira frecciate alla modernità e alle major che fagocitano l'industria del medesimo.







RED WING
Viaggi nel tempo, figli d'arte sulle orme dei genitori dispersi, che però sono ancora vivi. Critica sul modo in cui le generazioni precedenti lasciano il mondo a quelle successive e rapporto padri-figli. Tutto molto bello, ma la faccenda dei viaggi nel tempo è e continua ad essere ingarbugliata.









PROPOSITION PLAYER
Nonostante venga presentato come un fumetto sul poker (con tanto di introduzione di un giocatore professionista ora scrittore di successo), di tavoli da gioco vediamo molto poco. Vediamo invece molto aldilà, molte divinità decadute, la solita guerra angeli/diavoli (dove i primi non sono i buoni e i secondi restano relativamente cattivi). Ma di scale, full e tris ne vediamo ben pochi. Sembra più un corso su "paradisi inferni cristiani e precristiani" che un fumetto su un giocatore di poker. E i dialoghi sono troppi e spesso "off topic"







GENERATION X
Fumetto che amai alla follia. Gli anni '90 stavano per tramontare, e la Marvel se ne usciva con questa serie  narrante le avventure di un nuovo gruppetto di ragazzini mutanti, scritto dall'allora deus-ex-machina degli X-Men: Scott Lobdell. 
Ritrovare Jubelee (oggi depoterizzata e vampirizzata), Emma Frost e M (le uniche che il tempo ha trattato con rispetto), i defunti Synch (perché?),  Skin (doppio perché?) e Banshee (triplo perché?), e i limbizzati Chamber e Husk mi ha fatto gran piacere. È stata come una rimpatriata con amici di vecchia data.
Purtroppo la serie è ben scritta, con momenti di introspezione e intimità di rara delicatezza, e con una durata di lettura per episodio di ragionevole lunghezza. Con il senno di poi presenta quel difetto che affliggeva  le storie dei mutanti dell'epoca (e che talvolta fa capolino tutt'ora): loro se ne stanno chiusi nella loro scuola, predicando l'integrazione tra homo superior e homo sapiens (!) e le cose "gli succedono". A parte qualche scaramuccia amorosa tra Chamber e Husk, e Jubelle che ci prova spudoratamente con Synch, che però preferisce M (e ti credo...), l'azione viene portata (letteralmente) dagli attacchi dei vari Emplate (2 volte), X-ecutore, Creatore di Orfani, Toad, Black Tom Cassidy (da spiegare la faccenda-Mondo che si infiltra senza combinare nulla) e Bastion. 
Il gruppo, nonostante le intenzioni  è per nulla proattivo, ma solo reattivo nei confronti di agressori che spesso avevano sotto il naso da tempo.
Al termine della saga "Operazione: Zero Tollerance" Lobdell (e il disegnatore Bachalo) lasciano la serie, che verrà spostata da(lla defunta Wiz) a X-Men Deluxe, crollando precipitosamente in stile e coinvolgimento verso la X-Revolution e l'oblio. Come detto, il destino non sarà molto generoso con i personaggi della serie che verranno ripresi negli anni.



PLANETARY
Il XX secolo stava volgendo al termine, e Warren Ellis, disegnato da John Cassady, lo omaggia con questa serie che ripercorre tutti i media narrativi dell'epoca. Dal pulp anni '30 (Jakita in pratica è la figlia di Tarzan), ai film di fantascienza degli anni '50, ai film di arti marziali, alle incarnazioni dei fumetti dei vari decenni, nonché un omaggio ai personaggi "straordinari" del XIX secolo che di questa narrativa sono i "nonni".
Rileggere, dopo 10 anni, e capire che non avevi capito un cazzo (la trasmigrazione di Jack Carter/John Constantine in Spider Jerusalem) in un certo senso ti causa vergogna e orgoglio nello stesso tempo. Vergogna perché all'epoca "non ne sapevi", orgoglio perché, almeno, ti accorgi che con gli anni stai riparando i danni.
Come diceva quella là: "Quante che cose che non sai, quante cose che non puoi sapere".

22 agosto 2014

TtA #33 - Fratello Nicodemo #4 - Avvoltoi

GLI STRANI CASI DI FRATELLO NICODEMO

04 Avvoltoi

tipico specchietto per le allodole... :-P

Le due ragazze si salutarono. La bionda si diresse verso l’uscita del parco, probabilmente diretta verso la metropolitana. Aveva lo sguardo basso e l’aria cupa. La mora,  a testa alta e passo altezzoso, nella direzione opposta. Dal ghigno trionfante in viso sembrava soddisfatta.
«Buongiorno» le disse Fratello Nicodemo quando gli passò accanto. Lei trasalì nel vederselo spuntare all’improvviso, face un passo indietro e si portò la mano alla bocca.
«Mi ha spaventato, Padre» gli disse.
«Non sono “Padre”. O almeno a mia insaputa. Puoi chiamarmi “Fratello”. Possiamo anche darci del tu? Io mi chiamo Nicodemo. Fratello Nicodemo».
«Certo, se vuoi» disse lei ricomponendosi. «Io sono Pamela. A cosa devo l’onore?».
«Ti ho vista parlare con l’altra ragazza. Non stavo origliando, e volendo farlo, sarei stato troppo lontano. Però ho visto la tua amica andare via abbastanza rabbuiata».
«Quindi?» chiese Pamela un po’ seccata.
«Tutto bene?» chiese lui accigliato.
«Perché non dovrebbe?» rispose lei, ancora più seccata.
Lui non rispose, rimase a fissarla. Pamela sospirò.
«Ok, sediamoci» gli propose.
Si accomodarono sulla prima panchina libera che trovarono. Lui a sinistra, sull’angolo, lei un po’ più comoda sulla destra.
«Dunque?» chiese lui.
«La ragazza si chiama Angela. È una mia cara amica. Le voglio molto bene».
«Però?».
«Però secondo me sta con un ragazzo poco serio. La lascia da sola per uscire con gli amici, la trascura».
«E basta?».
«Secondo me ha un’altra. E lei si è messa con lui solo per i soldi. Secondo me non stanno per niente bene insieme».
«E poco fa le hai detto tutto questo?».
«No, solo che…».
«E appena potrai dirai al suo ragazzo tutto il resto?».
«A cosa vuole arrivare?».
«Fai spesso queste cose?».
«Dire quello che penso?».
«Seminare zizzania tra la gente».
«Come ti permetti? E perché sto qui a parlare con te? Non ci conosciamo nemmeno! Perché dovrei confessarmi con te?».
«Più che “confessarmi“, preferirei lo chiamassi “confidarmi”. La confessione richiede un’assoluzione, definitiva. Qui stiamo cercando di risolvere un problema. Anch‘esso definitivamente».
Lei lo guardò tra l‘incuriosito e l‘arrabbiato.
«Vuoi continuarne?»
«Sì» rispose lei sospetta. Voleva vedere dove questa discussione l’avrebbe portata.
«Rispondi a questa domanda: le cose che hai detto poco fa, le pensi davvero?»
«Si. No, è che... Io non riesco… a non guardare la gente in maniera negativa. A non leggere secondi fini nelle loro azioni. A pensare che stiano facendo anche cose buone senza aspettarsi qualcosa indietro un domani».
Lui socchiuse gli occhi e la guardò.
«Cosa c’è?» domandò lei allarmata.
«Continua. Cosa succede quando senti questi pensieri?».
«Io… cerco di scacciarli. Mi dico che sono perfida, che sono cattiva a pensar male…».
«Che a “pensar male si fa peccato”, giusto?».
«Anche…» aggiunse lei poco convinta.
«Ma che a volte ci si azzecca».
«Sempre» disse lei convinta, «Ecco», aggiunse pentita, «L’ho fatto ancora».
«Vai avanti. Cosa succede dopo?».
«Beh, osservo la persona in questione, studio le sue mosse, le sue parole, e valuto se quello che pensavo fosse vero o meno».
«Se realizzi che non lo è?».
«Raramente me ne convinco» disse lei dopo una breve pausa e un sospiro.
«E quando invece realizzi che lo è?».
«Se le azioni della persona in questione danneggiano me, la tengo a distanza, la allontano».
«Se invece, come nel caso di poco fa riguardano tue amicizie…» disse Nicodemo annuendo.
«Vado dritta al punto» disse lei con una punta di orgoglio, «Faccio il mio dovere. Avviso la vittima di quello che le succede».
«E generalmente, come si risolve la cosa? Sia nella prima casistica che nella seconda, intendo».
Lei tirò di nuovo un profondo respiro, e alzò le mani come per iniziare a gesticolare, ma si fermò subito.
«Molte amicizie finite» disse infine, con il tono di chi riconosce di aver fatto un danno. «Sia mie che altrui».
«In passato hai avuto esperienze simili? Intendo: amici o amiche hanno tradito la tua fiducia?».
Lei lo guardò con gli occhi arrossati.
«Sì, come a tutti… credo».
«Esatto: come a tutti. Queste cose sono naturali nei rapporti umani. Sai cosa non c’è di naturale?».
«Cosa?».
«Chi ci sguazza dentro. Hai presente “Gli Avvoltoi”?».
«Quelli della canzone?».
«Sì. Ce n’è una specie particolare. Pianta il seme della discordia nella gente, aspetta che germogli, e poi ne raccoglie i frutti».
«Credo di capire».
«No, non capisci: questi “avvoltoi” non sono persone, non sono animali. Sono piccoli demoni che si nutrono delle sofferenze altrui. Gli uomini (e le donne, nel tuo caso) non fanno altro che foraggiarli, ospitando i loro semi, e lasciandoli germogliare».
«Stai dicendo che sono posseduta? Guarda che io non credo in queste cose».
«Beh, innanzitutto, dovresti. Crederci, intendo. Secondariamente, no, non sei posseduta, ma porti dentro di te quel seme. La vita e le esperienze te l’hanno impiantato. Tu lo nutri e qualcun altro ne gode i frutti. Sei portatrice sana di perfidia».
«Mi faccia un esorcismo allora» disse lei sarcastica.
«Oh, no, non servirebbe. Posso solo darti un consiglio: pensa positivo, goditi la gente, e prima di pensare male, pensaci due volte. Tre, quattro».
«Finito?» chiese Pamela con una smorfia in volto.
«Sì, è stato un piacere» disse lui alzandosi e tendendole la mano.
«Addio» disse lei, stringendogliela e incamminandosi verso la sua destinazione.
Nicodemo si risedette, e la osservò allontanandosi. Pensò che forse i suoi tacchi fossero troppo alti per passeggiare in un parco. Dopo poco si sedette di fianco a lui la ragazza bionda che aveva visto prima insieme a Pamela.
«Ciao Angela» disse lui sorridendo
«Ciao Nicodemo» disse lei acida.
«Vedo che la mia fama mi precede» rispose ridacchiando.
«Perché sei qui?» chiese lei.
«Tu perché sei qui?».
«È il mio territorio. Stai alla larga».
Lui la guardò serio. La squadrò. Osservò il viso da ragazzina, il corpo snello, forse un po’ troppo esile, e i vestiti moderni e informali.
«Ho avvisato la tua “amica” di essere meno negativa» disse dopo una lunga pausa.
«E pensi che basterà?» chiese lei sempre acidamente.
«Oh, per i demonietti come te basta poco» rispose Nicodemo scrollando le spalle «Vi fingete mortali, vi inserite tra di loro, e fate il vostro lavoro. Chissà che fatica farti una falsa identità, conoscere gente, trovare un fidanzato e amici e amiche da infettare con le tue maldicenze».
Lei sibilò.
«Non distruggerai quello che ho costruito» gli disse.
«Non mi fai paura» rispose, «Di recente ho esorcizzato una casa, fatto a botte con una succube e liberato una bottiglia da un demone. È stato divertente. Ha fatto l’effetto del noto confetto nella celebre bibita gassata».
«Dove vuoi arrivare?».
Il tono della ragazza demone ora era nervoso.
«Non spreco esorcismi per avvoltoi come te. Basta mettere un po’ di buon senso nelle vostre vittime. Inducendola a dirti quelle cose, hai fomentato la sua sfiducia per la gente. Io ho riparato parte dei tuoi disastri».
«Non lo sai per certo».
«Si, l’ho fatto» ribatté con tono sicuro. «Ah, ultima cosa: non farti più vedere in giro. Non farti più vedere con quella ragazza, né con il tuo fidanzato. Sparisci e non farti vedere mai più».
«Oppure?» chiese lei spaventata.
Lui la guardò di sbieco.
«Potrei perdere tempo per un avvoltoio come te».
«Potresti?».
«Sono un uomo di Chiesa, vado dove devo e faccio le cose che vanno fatte».
«Potrei andare ovunque e riprendere a fare quello che faccio qui. Come mi troveresti?»
«Ti troverei nello stesso modo in cui ti ho trovata qui».
«E cosa dovrei fare? Sono un demone. Minore, ma un demone. Devo seminare discordia. Non so fare altro».
«Bene: questo da ora è il tuo problema. Risolvilo, e vedrai l’eternità. Va bene?».
Lei lo fissò attonita.
Nicodemo si alzò, e fece un cenno di saluto. Dopo alcuni passi si girò.
«A proposito: apprezzo l’ironia di scegliere il nome Angela, ma no. Non usarlo più».
Si voltò e se ne andò. Angela restò seduta sulla panchina, indecisa sul da farsi.


21 agosto 2014

TtA #32 - la guerra dei pioppi

Padre Eugiolfo percorreva il tortuoso sentiero che si inerpicava tra i colli in compagnia del novizio Gianberto, giovane di buona volontà che da poco aveva deciso di prendere i voti. Finirono di recitare il tredicesimo rosario proprio mentre, arrivati sulla cima dell’ennesimo colle, adocchiarono due sassi coperti dall’ombra di una quercia.
«Credo che potremmo fermarci un po’» suggerì il vissuto religioso.
«Meno male» sbuffò il giovane.
«Prego?».
«Lodavo il Signore per averci donato questo provvidenziale angolo per riposo».
«Si, si, certo. Passami la borraccia dell’acqua, piuttosto».
Il giovane obbedì, e intanto chiese:
«Padre, non mi ha ancora detto perché stiamo intraprendendo questo lungo viaggio. Mi spiego: so che è stato inviato a dar consiglio in merito a una spinosa questione teologica, ma non mi ha detto l’argomento. Non ancora, almeno».
«Oh, il motivo del dibattere è invero ostico» rispose l’altro dopo aver tirato un lungo sorso. «Tieni, bevi pure».
«Ma… è vuota!».
«Dicevo: devi sapere che al di là di questi dolci pendii si stende una pianura, occupata per di più da un enorme bosco, per lo più composto da pioppi».
«Quelli che emanano quei fastidiosi pelucchi?».
«Esattamente. Che è il modo che il Signore ha dato loro, evidentemente, di spandersi e proliferare».
«Ma molta gente sta male, per colpa loro».
«Esatto. Devi sapere infatti, che ai margini del bosco sorge un borgo chiamato Borgopioppeto».
«Che fantasia».
«Già. E qui più di una persona soffre il malessere, stagionale, invero, di cui parli tu. Una giovane ragazza, in particolare, la damigella Euclidea, si farebbe fatta portavoce di tali sofferenti chiedendo al borgomastro l’abbattimento di tale bosco».
«Ma sarebbe una barbarie».
«Oh ti assicuro che ho visto di peggio. Ad ogni modo, il borgomastro ha dovuto rivolgersi al boscaiolo Mastro Feller, che con la sua famiglia, da anni, per editto del Granduca, regola l’abbattimento e il ripiantare degli alberi. Sai, per la costruzione delle case, per il fuoco nei camini, per costruire carri e quant’altro».
«E ovviamente egli ha rifiutato».
«Certo. E il Borgomastro in seguito alle insistenze della dolce Euclidea, che in tal senso è stata alquanto… esagerata. Si è persino recata a casa del boscaiolo… che però era al lavoro. Ed è stata ricevuta dalla moglie di lui, che l‘ha praticamente cacciata in malo modo.».
«Padre, mi perdoni, sta dicendo che la damigella sarebbe andata dal boscaiolo intenzionata a…».
Padre Eugiolfo lo zittì con uno sguardo di rimprovero, per poi passare ad un’un espressione buffa quando il ragazzo tacque.
«Ebbene», proseguì poi, «Il Borgomastro scrisse così una lettera a Sua Eminenza l’Arcivescovo Valpattone, chiedendo l’intercessione diretta presso il Granduca per l’abbattimento del bosco, in quanto quelle piante che causavano tale sofferenza a uomini e donne timorate di Dio non potevano che essere creature del demonio».
«Mi pare quantomeno esagerato!» urlò indignato il giovane.
«Giovanotto, vedo che stai venendo su bene. Invero, la storia non finisce qui».
«Quali altri scabrose macchinazioni hanno ordito quei reietti della fede?».
«Oh, loro hanno fatto già abbastanza. La nostra storia prosegue, o meglio, si svolge parallelamente in un altro loco».
«Ovvero?».
«Ovvero in quel di Pioppomanero».
«Che si trova…».
«… dall’altra parte del suddetto bosco».
«Non mi dica. Anche lì ci sono persone che mal tollerano i pioppi e le loro emissioni?».
«Sì, ma lo svolgersi degli eventi fu diverso. Devi sapere che l’amministrazione del villaggio, che sorge ai piedi di un maniero abbandonato ormai da anni, è in mano a un uomo col titolo di Cancelliere, nominato direttamente dal Granduca, tra una cerchia di nomi eletti dal popolo. Ebbene: tale carica dura cinque anni, e questo è il quarto anno di reggenza del Cancellier Pardolfo, illustre esponente di una delle più celebri famiglie del paese. Addirittura, suo nonno servì presso i proprietari del maniero di cui ti parlavo».
«Un discendente di maggiordomi, insomma».
«Oh, come sai esser cinico, mio giovane accompagnatore. Sappi comunque che quest’uomo, di mezz’età, non accompagna il grigiore dei pochi capelli rimasti con la saggezza, e pare che il compaesani non siano molto contenti di lui, tanto che per le prossime nomine, stavano pensando di porgli come alternativa un giovanotto, tale Lodovico Piridolfi, lavoratore indefesso, apprendista e a quanto pare futuro erede del fabbro del villaggio».
«Capisco».
«Capisci? Non hai da fare battute sul fatto che un fabbro contenda un ruolo importante a un maggiordomo?».
«Mi pare, da come me ne ha parlato, che uno sia un giovane di sani principi, mentre l’altro un vecchio vizioso. Ma forse è una mia impressione».
«Ammetto di essere talvolta imparziale nel mio narrare le vicende e di farmi prendere un po’ la mano».
«“Talvolta” e “un po’”. Ma vada avanti…».
«Certo. Su questo povero Lodovico sono iniziate a circolare voci poco piacevoli riguardo a sue frequentazioni… una vecchia megera, come si suol dire “una curatrice“.. Lo accusarono di recarsi per imparare le stregonerie e utilizzarle contro il Cancellier Pardolfo. Il giovane si difese dicendo di aver semplicemente chiesto alla donna un sollievo contro i pollini di cui precedentemente parlavo».
«Quindi tutto finito lì e…».
«Assolutamente! Il Cancelliere ha inviato una lettera all’Arcivescovo, dicendo che chi soffre di tali fastidi, è da intendersi come posseduto dal Demonio e dedito alla sua venerazione, in quanto gli alberi e la natura, doni del Signore, non possono fare male all’uomo».
«Ma molte erbe sono velenose. Per tutti gli uomini. I morsi di certe bestie selvagge, come i serpenti, per esempio, sono letali per tutti gli uomini. Come può basare un’accusa così pesante riferendosi a un malore che coglie solo una minoranza?».
«È per questo che Sua Eminenza l’Arcivescovo Valpattone mi ha chiesto di visitare questo tristo loco e rimettere un po’ di sale in zucca a questi scellerati governanti».
«Una missione degna di lode».
«Per la quale converrebbe ormai incamminarci. Le questioni da dirimere sono molte e spinose e non sarà un compito facile».
I due ripresero la camminata di buon passo, con un Gianberto invogliato dalle narrazioni di Padre Eugiolfo a giungere quanto prima in loco.
«Ecco, siamo prossimi al colle di cui ti parlavo» disse finalmente Padre Eugiolfo, «Sulla sua cima vedremo, in uno stupendo panorama, il bosco, a est Borgopioppeto, a ovest Pioppomanero, appena davanti alla costruzione da cui prende il nome, e a nord la casa del boscaiolo, Mastro Feller».
Gianberto, impaziente, corse verso la cima della collina per poter vedere il paesaggio che in un solo abbraccio avrebbe racchiuso tutti luoghi di cui aveva sentito parlare. Ma una volta lì giunto, restò alquanto deluso. Il rudere di Pioppomanero era ancora più derelitto di quando si aspettava, il villaggio pareva distrutto… il bosco ridotto nelle sue dimensioni, con tanti tronchi d’albero appena abbattuti nel mezzo a testimoniare una recente distruzione, e Borgopioppeto ridotto anch’esso a macerie.
«Padre, venga, padre, guardi!» urlò alla sua guida.
Eugiolfo accelerò il passo e raggiunse il suo compagno di viaggio.
«Resta in piedi solo la casa di Mastro Feller. Sbrighiamoci, andiamo da lui in fretta!».


I due giunsero presso la dimora del boscaiolo, dalla quale videro un uomo e un giovane, probabilmente il figlio, data la somiglianza, caricare i loro averi su un carro.
«Mi perdoni» esordì Ppadre Eugiolfo, «Lei è per caso il taglialegna Mastro Feller, per carica del Granduca, responsabile del bosco di pioppi tra Borgopioppeto e Pioppomanero?».
«Sarebbe più corretto dire “lo ero”» rispose l’uomo arrestandosi dal lavorare. «Suppongo lei sia il messo inviato dal Cardinale?».
«Sì. Temo però che il mio viaggio sia stato inutile».
«Oh, teme bene. In ciascun villaggio si è sparsa la voce di quanto avvenuto nell’altro, e sono iniziate le reciproche accuse. Gli abitanti di Borgopioppeto hanno saputo dell’imprigionamento del Lodovico Piridolfi, e un gruppo di giovani ha attaccato lo sceriffo pioppomanarese per liberarlo».
«Ma è inaudito» esclamò il giovane Gianberto.
«E pensate» proseguì il figlio di Mastro Feller, «Che, per rappresaglia, i pioppomaneresi si sono uniti per rapire la damigella Euclidea, promotrice dell‘idea di abbattere i pioppi!».
«Disdicevole».
«Così i Borgopioppeti hanno iniziato ad abbattere alberi» proseguì il Mastro, «I pioppomanaresi a combatterli, e noi abbiamo cercato di avvertire il Granduca perché mandasse l’esercito a sedare i combattimenti… ma egli sta cercando di conquistare i territori al nord e non aveva tempo per queste cose… così non è venuto nessuno… e così abbiamo un bosco e due borghi distrutti» concluse scoppiando a piangere.
«Cosa farete ora?» chiese il giovane Gianberto.
«Il Granduca ci ha offerto un altro posto altrove, ci stiamo trasferendo là» rispose il figlio di Feller, «Ma mio padre è molto legato a questi posti, e lo rattrista molto andarsene».
«E di Lodovico Piridolfi? E di quell’Euclidea?».
«Il primo disse ai Borgomanaresi di esser contrario all’abbattimento del bosco, nonostante i malori che gli provocava: “Per poche settimane all’anno posso sopportare“, disse. Così i suoi salvatori finirono per linciarlo. La donna invece, sembra abbia attirato le attenzioni del laido Cancelliere, rifiutandole. Ed è stata arsa sul rogo come strega», disse Feller singhiozzando.
Padre Eugiolfo sospirò, e guardò il boscaiolo:
«Siamo terribilmente dispiaciuti per quanto accaduto. Fossimo giunti prima, magari avremmo potuto risolvere qualcosa… ora vi lasciamo, gentile Mastro Feller. Abbiamo tolto fin troppo tempo ai vostri lavori  per rimembrare questi tristi eventi. I migliori auguri per il vostro nuovo incarico. Andiamo Gianberto, incamminiamoci. Sua Eminenza vorrà avere un resoconto dettagliato».

Il religioso e il suo adepto s’incamminarono, Mastro Feller e suo figlio proseguirono a caricare il carro.
“Con il sacrificio di un bosco ci siamo almeno liberati di tanta gente stupida” pensò tra sé il giovane Gianberto.