PREMESSA: questa storia fa da prologo a quest'altra
Quell’anno il primo di novembre cadeva di lunedì, così che
si prospettava un bel week end lungo. Aveva già sentito gli altri parenti:
“Ciao! Ci vediamo in cascina il prossimo week end?” aveva
chiesto a coloro che sapeva essere assidui frequentatori del luogo. Alcuni gli avevano
risposto che avevano già preso precedenti impegni, altri che non sarebbero
potuti andare per problemi più o meno strampalati… a quanto pare, incredibile
ma vero, aveva via libera!
“Oh, mi dispiace, sarà per un’altra volta! Ho provato quella
birra che… ti devo restituire quel libro che… Ti presto il film che…”
aggiungeva alla fine di ogni telefonata, simulando in malo modo dispiacere e
cercando di nascondere invece la gioia di vedere scomparire tutti i potenziali
disturbatori dalla lista.
Il venerdì prese un permesso per uscire prima dal lavoro, e
arrivò a destinazione poco prima del tramonto. Salì la scala esterna che
portava al suo appartamento, al secondo piano. Si fece una doccia, tirò fuori
una birra dal frigo e si mise a guardare un film scaricato da Internet:
“Amazzoni Contro Valchirie”. Poco prima della metà, quando le bionde e alte
valchirie stavano per avere il primo scontro con le brune e formose amazzoni
udì arrivare dal cortile un misto di rombi di motore, musica tunza tunza a palla
e voci di ragazzi. Terrorizzato si affacciò alla finestra, e vide tre veicoli
da cui scendevano una quindicina di ragazzi e ragazze intorno ai vent’anni.
Aprì la porta e si fermò sul pianerottolo a fissare, allibito, il gruppetto di
giovinastri che a sua volta ricambiò altrettanto allibito.
“Bella zio!” fu la voce che ruppe il silenzio.
“È tuo zio?” disse un tizio alto a un ragazzo moro al centro
del gruppo.
“Sì! Bella zio, preparati che tra poco inizia la festa!”.
“Ma cazzo, avevi detto che non c’erano adulti” osservò di
nuovo il tizio di prima.
“Tecnicamente anche noi siamo adulti” osservò una ragazza mora.
“E tuo zio è figo,
può passare la serata con noi” aggiunse una bionda.
Il nipote di Sylvan si chiamava Marco, era al secondo anno
di università, era il figlio del cugino Alberto, quello cui doveva restituire
un libro. Che gli aveva detto non
sarebbe venuto perché in viaggio all’estero. Quindi il nipote che ci faceva lì?
“Ok, Marco, a dopo!” disse Sylvan rientrando in casa. Serata
tutta per lui andata a puttane. Però la ragazza bionda gli aveva detto che era
figo… un aiuto alla sua autostima… anche se ricevere da una
forse-neanche-ventenne il permesso di partecipare a una festa che
sostanzialmente si teneva in casa propria, non era esattamente il massimo, in tal senso.
Sarebbe sceso a salutare, a portare una birra, scambiare quattro parole di
convenienza e poi se ne sarebbe tornato su. Le formalità sociali: quelle che
aveva sempre odiato.
Si presentò con un cartone di birre e due sacchetti di nachos
intorno alle 22.00. Notò che al gruppo si era unita un’altra dozzina di
persone. Da come erano conciati era evidentemente una festa di Halloween: i
ragazzi erano vestiti chi da vampiro, chi da zombie, chi da non si capiva bene
cosa… uno si era messo addosso un lenzuolo con due buchi per gli occhi: un
fantasma. Che originale. Le ragazze invece erano vestite da zombie (scosciate e
scollate), da vampire (scosciate e scollate), da infermiere zombie (scosciate e
scollate), e una, in particolare, da strega: con cappello a punta e abito nero
(scosciato e scollato). Solo lui era vestito da persona normale, e si sentiva a
disagio. Più vecchio degli altri, si sentiva a disagio. La musica era troppo
alta e si sentiva a disagio. Le luci da due soldi lo infastidivano e si sentiva
a disagio. Sentendosi a disagio, si sentiva a disagio. Cercò suo nipote per
portargli le birre, sapere se la festa fosse di straforo o potesse parlarne
tranquillamente con suo padre, salutare qualche amico, poi, sgattaiolare via.
Il suo disagio fu interrotto dall’avvicinarsi di una ragazza
vestita da strega. La riconobbe, era quella che aveva fatto il commento
sull’essere adulti.
“Buonasera signor zio” gli disse avvicinandogli la bocca
all’orecchio per farsi sentire in mezzo al frastuono. Nonostante il tono alto,
la sua voce risultò gradevole. Aveva anche un buon profumo, che in mezzo al
tanfo di chiuso e sudato della stanza, risultò gradevole. La guardò in volto e
notò sotto al trucco scuro, degli occhi neri profondi. Un finto neo sul lato
sinistro del mento.
“Puoi chiamarmi Sylvan”.
“Con la ipsilon, giusto? Io sono Lora. Tuo nipote mi ha
parlato molto di te” rispose la ragazza secca.
Sembrava più grande degli altri. Qualche anno in più. Poco
meno di trenta. Cosa ci faceva in mezzo a quella marmaglia? Era forse la
sorella più grande di qualcuno? Un’universitaria fuori corso? Una collega di
uno dei pochi non sfaccendati che già lavoravano?
“Se cerchi Marco, è
già in gaina” gli disse ridendo. “A
proposito, mettiamo le birre in frigo?” .
“Ah, sì, so dov’è” rispose lui cercando di non sembrare un
totale imbranato.
“Ovvio” notò lei. “Dammi le patatine, le aggiungo a quelle
già in tavola”.
“Sono nachos” la corresse cercando di non risultare
saputello.
“Come?”
“No, no, niente, fai pure”.
Eseguite le relative operazioni, i due si ritrovarono più o
meno in mezzo alla stanza. Gli altri partecipanti alla festa stavano “ballando”
come si fa in discoteca. Qualcuno faceva da barista riempendo i bicchieri,
rigorosamente di carta, con alcolici, succhi di frutta e ghiaccio, mentre uno
pseudo dj alternava le canzoni, rigorosamente tunz-tunz da un mixer collegato
ad alcuni amplificatori messi in punti strategici del soggiorno.
“A mezzanotte terrò una seduta spiritica, ci stai?”.
“Ah, io… potrebbe essere divertente. Sarà sicuramente
divertente”.
In realtà non poteva fregargliene di meno, ma aveva risposto
simulando il massimo dell’entusiasmo di cui era capace solo per educazione.
“Vado a prepararmi” disse allontanandosi improvvisamente.
Sylvan si sentì come se fosse stato scaricato. Rimbalzato da
una ragazza più giovane di lui. E che comunque era quella, per età, più vicina
a lui. Decise che sarebbe risalito in casa, ma non prima di aver scroccato
qualcosa di forte. Si diresse così al “barista” della festa.
“Dammi qualcosa di forte”.
“Bella zio! Buttati nella festa! Viva lo zio!” urlò il
giovane.
“Bella zio!” risposero i ragazzi nelle prossimità. L’urlo si
estese a quelli a loro vicini e in breve si formò un coro da stadio che durò
per quasi mezzo minuto.
Uscito all’aperto con il cocktail in mano rifletté su quanto
fosse ridicola la questione. Un quasi quarantenne misantropo che evita come la
peste ogni contatto umano diventa il centro di una festa di universitari.
Trangugiò il cocktail tutto d’un botto. Non abituato alla gradazione alcolica gli
scappò una smorfia. In quel momento gli spuntarono di fronte un mostro di Frankenstein
e un vampiro, insieme a una bionda vestita da infermiera zombie. Riconobbe la
ragazza che aveva detto che era figo. Non poté fare a meno di notare le sue
tette esagerate.
“Oh, zio, raccontaci qualcosa di imbarazzante su Marco da
piccolo, così lo pigliamo per il culo”.
Sarebbe sopravvissuto alla serata?
Intorno a mezzanotte vennero chiamati tutti a raccolta. Lora
avrebbe inscenato una seduta spiritica con la tavola di oujia.
“Ouija? È tipo il quinoa?” chiese Sylvan, brillo e spaesato
alla bionda di cui non aveva capito il nome.
“Nah, è una delle cazzate che fa quella darkettona del
cavolo”.
“Non ti sta molto simpatica?”
“Non è quello… è che…”
“Ti ruba la scena?”
La bionda fissò Sylvan e lo prese per mano.
“Facciamoci un giro, ti va?”.
I due si allontanarono dal resto del gruppo in direzione di
quelle che una volta furono le stalle e ora sono i garage del casolato.
“Qui non dovrebbe vederci nessuno” disse la ragazza
slacciandosi la divisa da infermiera.
“Ehi ehi ehi” cercò di fermarla lui “Hai il doppio dei miei
anni. No: io ho la metà dei tuoi. No: ciascuno ha la sua età che però è troppo
distante da quella dell’altro.”
“Si si, certo credi sia la prima volta che mi scopo uno più
grande?” disse lei slacciandosi il reggiseno che aveva l’apertura sul davanti.
Sylvan rimase a bocca aperta a guardare quelle tette enormi,
rotonde, forse un po’ basse, con le areole grandi e i capezzoli ingrossati dal
freddo.
“Ma sì che mi frega dell’età” pensò, e si avventò con mani e
bocca su tutto quel ben di dio.
La bionda rise e lo lasciò fare per un po’, poi lo spinse
contro la parete, si inginocchiò e gli
slacciò i pantaloni. Sylvan si appoggiò al muro per godersi il pompino,
pensando a quando fu l’ultima volta che ne aveva ricevuto uno. Gratis. Ok, che
ne aveva ricevuto uno.
Aprì gli occhi, e vide in controluce, poco distanti, un
gruppo di ragazzi fermi a guardarli.
“Beh, cosa volete?” urlò.
La bionda si girò, si alzò e andò verso di loro coprendosi i
seni ballonzolanti.
“Mettete via i cazzo di cellulari, vediamo di non fare gli
stronzi come a ferragosto, ok?”
Si fermò minacciosa, e Sylvan, riallacciati i pantaloni si
avvicinò per darle man forte. I ragazzi restarono silenziosi, come inebetiti.
Noto come il trucco da zombie dei loro travestimenti fosse molto realistico. Puzzavano
pure da cadavere. Già. Pure troppo.
“Zio… questi non sono i miei amici” disse la ragazza.
Quello più vicino a loro emise un rantolo, allungò le
braccia in direzione della bionda senza nome e l’afferrò, cercando di morderla.
Gli altri lo imitarono cercando di afferrare ancheSylvan.
“Cazzo, sono zombie davvero!” disse scappando, cercando di
trascinare via anche la ragazza. I due corsero verso l’abitazione, all’esterno
della quale un piccolo gruppo stava facendo la seduta spiritica di cui si era
parlato.
“Aiuto”, urlò, “Ci sono degli zombie veri, dobbiamo scappare”.
Tutti lo guardarono sorpresi.
“È vero, guardate!”
La bionda mostrò alcuni segni di morso che aveva sulle
braccia, sulle spalle e su un seno. La maggior parte della gente si fermò a
fissarle le tette.
“Non distinguo i morsi del trucco del costume da quelli veri”
si giustificò uno di loro.
“Quello sulla spalla è make-up, quello sulla zinna sinistra
è vero” sentenziò Lora con uno sguardo sinistro.
Contemporaneamente, dalla casa uscirono di corsa altri
ragazzi.
“Zombie, zombie dappertutto”.
Il gruppo si riunì a quelli della seduta spiritica e si
ritrovò circondato da zombie: quelli usciti dalla casa, quelli del garage e
altri che non si capiva da dove fossero arrivati.
“Ha funzionato” constatò Lora soddisfatta, e spinse la
bionda verso lo zombie più vicino. Questo la assalì, imitato poi dagli altri
che attaccarono gli altri festeggianti, eccetto Lora stessa.
Sylvan venne afferrato alle spalle, cercò di liberarsi e vi
riuscì grazie all’aiuto di suo nipote.
“Cazzo, zio! Corriamo alle macchine!”
Sylvan seguì il consiglio, e insieme a una ragazza sconosciuta
corsero verso la Ford del giovane, che una volta salito mise in moto, sgommò in
partenza e schizzò verso l’uscita abbattendo cinque o sei figure incurante se
si trattasse di zombie o altri ragazzi umani come loro.
“Che diavolo è successo? È stata Lora a chiamare questi
zombie? Chi diavolo è quella ragazza?”.
“Non lo so” rispose Marco, “Ci vende l’erba e si tromba un
nostro amico”
Il discorso venne interrotto dalla tipa in macchina con
loro, che, sistemata sul sedile posteriore, iniziò a emettere suoni simili a
rantoli. Sylvan la guardò e notò una vampira con occhiaie, occhi vitrei, morsi
su collo e spalle circondati da evidenti segni di necrosi.
“Ehm, la tua amica si è travestita da vampira zombie, vero?”
“Non esistono le vampire zombie, zio. O vampire, o zombie”
“Marco, siamo nella merda!”
La ragazza, travestita da vampira e trasformata in zombie si
avventò su Marco. Sylvan cercò di staccarla dal nipote e venne attaccato dalla
ragazza, che lo morse più volte in faccia, sulle braccia e sulle mani. Marco
intanto, perse il controllo della macchina che si schiantò contro un albero. Sylvan
venne sbalzato fuori dalla violenza dell’urto, e perse i sensi poco dopo aver
visto il veicolo prendere fuoco.
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